Page 212 - Storia della Russia
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decreto «Sulla ricostruzione delle organizzazioni letterarie e artistiche» soppresse i gruppi
        indipendenti,  favorendo  sindacati  di  settore  controllati  dal  partito  in  ciascun  ambito
        culturale.  L’Unione  degli  scrittori  fu  creata  quello  stesso  anno;  durante  il  suo  primo
        congresso, nel 1934, adottò la dottrina del «realismo socialista». In base a questo concetto
        alquanto  vago  si  richiedeva  agli  autori  di  descrivere  realisticamente,  ma  in  maniera
        positiva, le sfide e i trionfi della costruzione rivoluzionaria socialista; la letteratura – e
        tutta  l’arte  –  doveva  essere  ottimista,  fonte  di  ispirazione  ed  entusiasmo,  riflettere  le
        eroiche  potenzialità  della  società  sovietica,  seguire  lo  spirito  e  la  linea  del  partito  e
        criticare solo i fallimenti individuali, non quelli del sistema. Il realismo socialista rimase
        fino agli anni Ottanta l’indirizzo obbligatorio dell’arte sovietica, con effetti deleteri per la

        qualità  delle  opere.  In  privato  alcuni  scrittori  e  artisti  continuarono  a  produrre  opere
        destinate  «al  cassetto  della  scrivania».  Il  realismo  socialista  fu  indirizzato  anche  alla
        propaganda  del  patriottismo  sovietico,  e  negli  anni  Trenta  si  prestò  perfettamente  a
        incarnare la svolta nazionalistica.

           Molti scrittori caddero vittime delle purghe. Mandel’štam morì in un campo di lavoro
        nel 1938; Babel’ venne fucilato nel 1940. Durante la guerra, tuttavia, la pressione si fece
        meno incalzante e i membri dell’Unione degli scrittori parteciparono agli sforzi bellici nel
        ruolo  di  giornalisti,  pubblicisti  e  propagandisti.  Anna  Achmatova  poté  tornare  a
        pubblicare.  Apparvero  romanzi  e  poesie  di  guerra  molto  popolari,  tra  cui  si  rivelò
        particolarmente  degno  di  nota  il  lungo  poema  Vasilij Tërkin  (1941-1945)  di  Aleksandr
        Tvardovskij. Nel 1946 un violento attacco di Ždanov contro Michail Zoščenko e Anna
        Achmatova (sintomo in realtà di lotte politiche intestine) segnò il ritorno a un estremo e
        rigidissimo  controllo  del  realismo  socialista.  Gli  ultimi  anni  di  Stalin  ricordano  per
        dogmatica sterilità la fine del regno di Nicola I.

           Il  destino  della  musica,  dell’opera  e  del  balletto  seguì  di  pari  passo  quello  della
        letteratura,  con  un’Associazione  dei  musicisti  proletari  (APM),  contrapposta
        all’Associazione per la musica contemporanea (ASM); infine, nel 1932, sorse l’Unione dei
        compositori sovietici. Prokof’ev lasciò la Russia nel 1918, ritornando nel 1932. Durante la
        NEP dominò il pluralismo; accanto alle composizioni tradizionali, risaltavano per contrasto

        le partiture moderne di Dmitrij Šostakovič, il grande compositore sovietico che debuttò
        nel  1925  con  la  sua  Prima Sinfonia,  la  prima  opera  sovietica  a  riscuotere  l’attenzione
        internazionale. Nello stesso periodo cominciò l’ascesa dell’opera e del balletto. Per tutti
        gli  anni  Venti  le  influenze  occidentali  rimasero  forti.  Šostakovič  scrisse  sia  musica
        contemporanea sia «proletaria», e dopo il 1932 incontrò notevoli difficoltà: la sua Quinta
        Sinfonia (1938) recava come sottotitolo «Risposta creativa di un artista sovietico a una
        giusta critica». Gran parte delle composizioni ruotavano intorno a tematiche rivoluzionarie
        e bolsceviche, e negli anni Trenta il patriottismo storico fece la sua comparsa anche nella
        musica. Tra diversi compositori armeni degni di nota, emerse in questo periodo il notevole
        Aram Chačaturjan. Anche la comunità ebraica di Odessa diede un significativo contributo
        alla  musica  sovietica  con  il  compositore  Glier,  i  violinisti  David  e  Igor’  Oistrach  e  il
        pianista Emil’ Gilel’s. Durante la guerra, Šostakovič e Prokof’ev furono molto prolifici: la

        famosissima  Settima  Sinfonia  (1942)  di  Šostakovič,  dedicata  alla  sua  Leningrado
        assediata,  venne  suonata  in  tutto  il  mondo;  esprimeva,  nelle  parole  di  David  Oistrach,
        «l’affermazione profetica […] della nostra fede nel definitivo trionfo dell’umanità e della
        luce». La repressione nel dopoguerra investì anche la musica. Čajkovskij e lo stile russo
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