Page 204 - Storia della Russia
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poi  molto  dal  regime  precedente.  In  tutti  e  due  i  sistemi,  inoltre,  i  singoli  erano  più
        importanti delle istituzioni: legge e legalità rappresentavano solo una facciata; quel che
        contava davvero erano i rapporti, le reti clientelari e protezionistiche (sebbene nei decenni
        prerivoluzionari  avessero  iniziato  a  svilupparsi  il  giusto  processo  e  l’efficienza  delle
        istituzioni). Nell’Unione Sovietica, come nell’impero zarista, il centro aveva difficoltà a
        imporre  la  propria  autorità  nelle  province  e  in  periferia,  dove  i  potentati  locali
        perseguivano  scopi  e  politiche  proprie;  l’obbedienza  forzata  fu  uno  degli  obiettivi  del
        terrore staliniano.

           Alcuni storici weberiani occidentali e marxisti sovietici, con un’interpretazione simile a
        quella  appena  riportata,  hanno  definito  dvorjanstvo  e  nomenklatura  un’unica  classe
        dirigente,  un’élite  che  governava  la  società  in  base  ai  propri  interessi,  al  solo  scopo  di
        autoconservarsi.  Partendo  da  questa  concezione  alcuni  studiosi  si  sono  concentrati
        sull’intellighenzia rivoluzionaria come classe sfruttatrice, un’idea che ha radici lontane e

        sfaccettature differenti. Già all’epoca di Lenin, Karl Kautsky si occupò del rapporto tra
        l’intellighenzia  e  il  movimento  operaio  tedesco,  mentre  i  rivoluzionari  russi  furono
        attaccati  proprio  in  questi  termini  dal  radicale  polacco  Jan  Machajski  nel  libro  Il
        lavoratore intellettuale  (1904-1905),  che  influenzò  La  nuova  classe  (1957)  di  Milovan
        Djilas e Nomenklatura (1980) di Michail Voslenskij, un resoconto che descrive l’apparat
        russo dall’interno.
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