Page 200 - Storia della Russia
P. 200

Il Grande terrore

        Alla  vigilia  dei  piani  quinquennali,  il  terrore  della  campagna  di  collettivizzazione  e  la
        caccia  ai  «sabotatori»  preannunciarono  quella  sanguinosa  orgia  di  oppressione  e
        repressione che avrebbe attraversato l’Unione Sovietica negli anni Trenta: arresti, omicidi,
        torture,  confessioni  estorte,  processi  farsa,  esecuzioni,  deportazioni,  condanne  a  lunghi
        anni  di  carcere  e  lavori  forzati  in  condizioni  disumane.  Le  élite  sovietiche  vennero
        decimate, scomparvero milioni di semplici cittadini. Il culmine di questo orrore prolungato

        è  stato  definito  il  «Grande  terrore»  (alcuni  storici  preferiscono  il  termine  più  neutro
        «purghe»). Iniziato nel 1932, il terrore prese piede a partire dal 1934, dopo l’assassinio di
        Sergej  Kirov,  segretario  del  partito  a  Leningrado  e  potenziale  rivale  di  Stalin  come
        segretario  generale.  Stalin,  probabile  artefice  e  mandante  dell’omicidio,  sfruttò  subito
        questo  fatto  per  legittimare  una  serie  di  purghe.  Nei  cinque  anni  successivi  la  polizia
        segreta colpì tutti i gruppi dell’élite, le loro famiglie e i loro alleati: dirigenti industriali,
        esponenti del mondo della cultura, rappresentanti delle minoranze nazionali, alti ranghi
        dell’esercito,  diplomatici,  vecchi  bolscevichi,  semplici  membri  del  partito  e  della  sua
        gerarchia. I più stretti collaboratori di Stalin, che appartenevano al Comitato centrale e al
        Politbjuro,  subirono  uno  dopo  l’altro  umilianti  processi  farsa  in  cui,  prima  della
        fucilazione,  gli  imputati  confessavano  pubblicamente  gli  assurdi  crimini  di  cui  erano
        accusati. La moglie del capo dello stato sovietico, Michail Kalinin, fu deportata nel gulag,
        quella di Vjačeslav Molotov (Skrjabin) avrebbe subito la stessa sorte nel 1949, mentre
        entrambi  i  mariti  rimasero  nell’entourage  di  Stalin.  Altre  mogli  di  alti  funzionari  del
        Cremlino furono giustiziate. Morirono persino alcuni familiari dello stesso Stalin. Dopo
        ripetute «eliminazioni delle erbacce» del partito, migliaia di ex membri si ritrovarono a

        essere accusati di ostruzionismo e spionaggio. Nel 1937-1938 il terrore raggiunse il suo
        culmine;  il  georgiano  Lavrentij  Berija,  uno  dei  più  spietati  angeli  neri  della  NKVD,  fu
        nominato  primo  vicecommissario.  Nel  1937  la  tortura,  già  applicata  e  diffusa,  venne
        legalizzata ufficialmente. Una delibera del partito sugli «elementi antisovietici» assegnò
        alla NKVD quote regionali di arresti, con il 28% di fucilazioni. In questo periodo anche il
        regime  concentrazionario  mieté  temporaneamente  più  vittime,  sebbene  il  gulag,  in
        generale, a differenza dei campi nazisti, non fosse stato progettato specificamente per lo
        sterminio. Secondo cifre ufficiali, in quei due soli anni furono giustiziate 681.692 persone,
        ma il numero complessivo delle vittime potrebbe aggirarsi intorno al milione e mezzo, tra
        cui moltissimi ufficiali dell’Armata rossa. Nel 1939 Stalin proclamò una tregua: Nikolaj
        Ežov,  capo  della  NKVD,  che  aveva  epurato  il  suo  predecessore  Genrich  Jagoda,  venne
        fucilato  e  sostituito  da  Berija;  la  repressione  rallentò.  A  questo  punto  le  prigioni  e  il
        sistema penale nel suo complesso detenevano quasi 3 milioni di persone, e sebbene le cifre

        restino  controverse,  secondo  stime  recenti  negli  anni  Trenta  il  numero  complessivo  di
        morti per ogni genere di cause oscillerebbe tra 10 e 11 milioni. Stalin non aveva rinunciato
        al terrore, che applicò fino alla sua morte, ma il Grande terrore non fu più eguagliato.

           Come la collettivizzazione e la futura guerra con la Germania, il terrore si rivelò una
        catastrofe dal punto di vista sociale e umano. Il mondo chiuso, oscuro e infernale delle
        repressioni staliniane e l’universo dantesco dei gulag sono stati descritti in opere ormai
        classiche  di  memorie,  letteratura  e  cinema.  Il  terrore  fu  un  fenomeno  capriccioso,
        diabolicamente crudele, imprevedibile e distruttivo come l’opričnina di Ivan il Terribile,
        zar che Stalin, molto interessato alla storia russa, ammirò e prese a modello. Le sue cause,
   195   196   197   198   199   200   201   202   203   204   205