Page 195 - Storia della Russia
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La collettivizzazione

        Il crescente potere di Stalin fu accompagnato da sviluppi in campo economico. Gli esperti
        del  Commissariato  delle  Finanze  (Narkomfin)  e  la  Commissione  statale  per  la
        pianificazione (Gosplan) acquisirono sufficienti conoscenze e informazioni statistiche per
        redigere  un  piano  economico  statale  a  lungo  termine.  Lo  scontro  politico  tra  destra  e
        sinistra riguardo alla NEP si rifletteva nei dibattiti sulla pianificazione: un lento e graduale
        sviluppo contro una rapida corsa «teleologica» verso scopi prioritari. Molti membri del

        partito avevano tollerato malvolentieri il successo «borghese» dei nepmany, «uomini della
        NEP», e dei ricchi contadini. Nel 1926 la ricostruzione della vecchia industria era ormai
        quasi  completata  e  la  crescita  stava  rallentando;  la  questione  dei  nuovi  investimenti  di
        capitali  si  faceva  ormai  sempre  più  pressante.  Il  controllo  statale  sui  prezzi  alterava  in
        modo costante il funzionamento del libero mercato e nel 1927 causò una crisi delle scorte
        alimentari: i contadini reagirono al taglio dei prezzi rifiutandosi di vendere il grano. Per
        giustificare  queste  marce  forzate  nello  sviluppo  economico,  Stalin  seppe  sfruttare  la
        situazione internazionale, vale a dire la paura dello spionaggio e uno screzio con la Gran
        Bretagna  nel  1927,  in  termini  di  accerchiamento  capitalista.  In  un  famoso  discorso  del
        1931, disse: «Siamo cinquanta, forse cento anni indietro rispetto ai paesi più avanzati. In
        dieci anni dobbiamo colmare questa distanza. O ci riusciamo o soccombiamo».  Per tenere
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        alto  il  livello  d’allerta,  nel  1928  il  governo  fece  i  suoi  primi  passi  dimostrativi  contro
        supposti nemici interni. Nel processo farsa di «Šachty» 53 ingegneri innocenti, «specialisti
        borghesi», vennero accusati di «ostruzionismo», di essere sabotatori capitalisti: cinque di
        loro furono fucilati. Nei due anni successivi, gli attacchi propagandistici presero di mira
        presunti nazionalisti e separatisti potenziali, con processi farsa intentati contro una fittizia

        «Unione per la liberazione dell’Ucraina» e contro un’immaginaria «Unione popolare di
        lotta per la rigenerazione della Russia».

           La crisi del grano poneva problemi a lungo termine. Il partito rispose con un’immediata
        collettivizzazione di massa. L’introduzione di forme graduali e volontarie di agricoltura
        cooperativa e collettiva era in discussione da tempo. Per imporre la propria autorità e il
        proprio  indirizzo  alla  difficile  questione  contadina  nel  suo  complesso,  il  partito  optò
        invece per un ritorno alla strategia classista e violenta della «lotta contro i kulaki», già
        applicata durante la guerra civile. Secondo i bolscevichi, la NEP permetteva ai contadini
        piccolo-borghesi di tenere in ostaggio le città. La collettivizzazione avrebbe finalmente
        portato  nelle  campagne  il  necessario  controllo  statale,  modernizzando  e  aumentando  la
        produzione agricola; essa mirava anche alla «liquidazione dei kulaki in quanto classe». Per
        sovrintendere all’opera, che prese il via alla fine del 1929, furono creati un centro unitario
        delle  fattorie  collettive  e  un  Commissariato  agricolo.  A  novembre  il  governo  reclutò
        25.000 volontari, operai e militanti che dovevano combattere e vincere la nuova guerra
        civile per il grano e il socialismo. I segretari e i comitati di partito locali, seguendo le
        istruzioni centrali, diressero la campagna, mobilitando anche contadini poveri e membri

        del  Komsomol,  il  movimento  giovanile.  Organizzarono  incontri  comunitari  dove
        spingevano i contadini a firmare appelli alla collettivizzazione. I kulaki ne furono esclusi e
        le  loro  proprietà  vennero  confiscate.  Divisi  in  tre  categorie  a  seconda  della  presunta
        pericolosità,  si  videro  assegnare  qualche  terreno  poco  fertile,  lontano  dalle  fattorie
        collettive,  oppure  vennero  deportati.  In  centinaia  di  migliaia,  stipati  su  carri  bestiame,
        furono trasferiti dal GPU in Kazachstan, nell’estremo nord o in Siberia, come nuovi coloni
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