Page 201 - Storia della Russia
P. 201

la sua giustificazione logica e l’effettivo ruolo giocato da Stalin sono stati a lungo tema di
        dibattito. Il dittatore fu direttamente coinvolto e personalmente responsabile: architettò le
        azioni e firmò di suo pugno molte condanne a morte collettive. Il terrore, che durò fino
        alla sua morte, per poi diminuire bruscamente subito dopo, fu, secondo quanti sottolineano
        la centralità di Stalin, un’arma che egli utilizzò per scoraggiare anche la minima resistenza
        da parte della gente comune e riaffermare la supremazia del partito sui commissari del
        popolo addetti ai piani quinquennali, sugli altri grandi poteri dello stato, sulla NKVD e sulle
        forze  armate.  Le  purghe,  inoltre,  permisero  a  Stalin  di  consolidare  la  sua  posizione
        politica, ancora in parte insicura nei primi anni Trenta, nonostante la vittoriosa lotta per la
        leadership. Dal 1939 in poi, tuttavia, fu il padrone indiscusso del partito e del paese: è

        emblematico che il Congresso, le cui assemblee avrebbero dovuto tenersi ogni tre anni,
        non si riunì tra il 1939 e il 1952. Grazie al terrore, Stalin fu in grado di sbarazzarsi di
        numerosi vecchi membri del partito, che sapevano parecchie cose sul suo passato, e poté
        attaccare  (ma  non  eliminare)  quelle  invisibili  reti  di  clientela  e  protezione  così  diffuse
        nelle istituzioni sovietiche, che creavano relazioni di dipendenza da altri personaggi. Le
        purghe  sono  da  ritenersi  anche  lo  specchio  di  alcuni  tratti  del  suo  carattere:  Stalin  era
        vanitoso,  vendicativo,  diffidente,  paranoide;  si  sentiva  a  suo  agio  con  lo  scontro,  la
        brutalità e l’omicidio indiscriminato, e provava gusto a umiliare gli avversari.

           Ma il terrore non fu solo opera di Stalin. Tutta la dirigenza, comprese le vittime delle
        purghe, vi partecipò e lo approvò. La OGPU/NKVD divenne un’istituzione autonoma con un
        ampio personale, una gerarchia interna e iniziative proprie. Ogni direttore aveva le sue
        priorità  e  l’impero  concentrazionario  dei  gulag,  fornendo  forza  lavoro  in  condizioni  di
        schiavitù, svolse un ruolo importante nello sviluppo economico sovietico; in questo campo
        il  terrore  sostituì  gli  incentivi  dell’economia  di  mercato.  Il  terrore  era  stato  parte  della
        prassi  comunista  fin  dal  1917,  e  anche  prima,  e  poteva  contare  su  un  forte  sostegno

        sociale. Persino durante la NEP, negli anni più tranquilli (1921-1928), furono arrestate circa
        450.000 persone con l’accusa di «attività controrivoluzionaria». Il marxismo-leninismo,
        rivendicando la sola corretta «visione scientifica del mondo», interpretava tutto come lotta
        di classe tra elementi progressisti ed elementi reazionari, contrapposti gli uni agli altri in
        maniera rigidamente manichea. Perciò, i bolscevichi erano continuamente minacciati ed
        era facile che si sentissero assediati. Erano, inoltre, tenuti a dedicarsi anima e corpo alla
        loro causa e al partito, loro guida. Nel 1929 la dirigenza aggiunse alla religiosa certezza
        della propria scientifica visione del mondo il fervore di una crociata, una guerra santa per
        rafforzare  i  luoghi  sacri  del  socialismo  mondiale  contro  il  Moloch  capitalista.  Così  i
        «Venticinquemila»  partirono  all’attacco  del  kulak  infedele,  mentre  gli  operai  di
        Magnitogorsk mettevano le loro tende nel deserto per costruire una nuova Gerusalemme.
        Lo  stesso  accadde  anche  in  altri  settori,  dove  i  numerosi  passi  indietro  della  NEP
        alimentarono per reazione una rinascita dell’idealismo radicale. Giovani entusiasti, fedeli
        a Stalin, seguivano la sua interpretazione della rivoluzione. Molti, inoltre, fecero carriera
        proprio sulla pelle degli epurati, formando una giovane generazione di capi che credeva
        nel nuovo sistema e ne traeva profitto. Questi vydvižency («persone che escono [dal loro

        ambito  precedente]»)  sono  stati  descritti  come  una  «classe  nuova»:  essi  diressero  e
        amministrarono la Russia fino agli anni Ottanta. Alcuni storici «revisionisti» non hanno
        cercato  una  spiegazione  alle  purghe  nelle  azioni  di  Stalin  e  della  sua  dirigenza,  ma
        piuttosto nella risposta di quest’ultima ai fenomeni sociali di base, mettendo in evidenza il
        consenso e la partecipazione popolare alla linea formulata dal centro.
   196   197   198   199   200   201   202   203   204   205   206