Page 202 - Storia della Russia
P. 202

Nel 1936 Stalin sostenne che, nelle sue fondamenta, il socialismo era stato costruito, e
        la Costituzione che promulgò quello stesso anno aveva il compito di consolidare la nuova
        struttura  della  società.  Eppure,  avvertiva  Stalin,  proprio  l’affermazione  del  socialismo
        avrebbe intensificato la lotta di classe: «Più grande sarà il nostro successo, maggiore sarà
        il  risentimento  degli  ultimi  rappresentanti  della  classe  sfruttatrice  ormai  distrutta,  che
        molto  presto  ricorreranno  a  forme  estreme  di  lotta».  Martin  Lutero  aveva  usato  parole
        simili riguardo alla reazione del diavolo al trionfo della Riforma; e il diavolo si insinua in
        ogni luogo, come Stalin ben sapeva dai suoi studi giovanili in un seminario ortodosso.
        Così il terrore cominciò ad assomigliare sempre di più alla caccia alle streghe avvenuta
        all’inizio dell’epoca moderna. Elementi ostili, straordinariamente pericolosi – i «nemici

        del popolo» – erano in agguato a ogni angolo. La delazione divenne un tratto peculiare e
        quotidiano  della  vita  sovietica:  il  lato  oscuro  della  tradizione  russa  delle  petizioni.  Il
        partito si preoccupò di verificare l’assoluta fedeltà e ortodossia dei suoi membri, il cui
        numero era aumentato in modo esponenziale dopo il 1921, e di nuovo nel 1928-1933; le
        continue  purghe  interne  nascevano  dalla  paura  che  il  partito  stesso  fosse  infestato  di
        arrivisti e sovversivi. Tuttavia, già nel 1929, come è evidente dagli elogi che gli tributò la
        «Pravda» nel giorno del suo compleanno, Stalin rappresentava, nella sua stessa mente e in
        quella  di  molti  cittadini  sovietici,  l’incarnazione  della  verità  del  partito,  nonché  il  suo
        guardiano. Il «culto della personalità» fu il polo positivo di una mobilitazione sociale di
        cui il terrore rappresentava il polo negativo. Nelle parole di Berija: «Nemico del popolo
        non è solo chi commette un sabotaggio, ma chiunque mette in dubbio la linea del partito».
        Simili  dubbi  costituivano  un  tradimento  nei  confronti  del  leader  e  della  sua  saggezza,
        erano un crimine capitale. Amici e parenti condividevano la colpa degli accusati. Anche
        molti comunisti stranieri che avevano cercato rifugio a Mosca furono coinvolti, assieme
        alle loro famiglie; il terrore fu esteso anche all’estero, raggiungendo la Parigi dei bianchi
        emigrati, la Spagna antifascista, che vide l’assassinio da parte della NKVD di combattenti

        repubblicani non comunisti, e il Messico, dove nel 1940 Trockij fu ucciso insieme ai suoi
        parenti.  Il  terrore  coinvolse  poi  le  popolazioni  dei  territori  annessi  alla  vigilia  della
        «Grande guerra patriottica» e dopo il 1941 tornò a colpire la popolazione sovietica nello
        sforzo disperato di sconfiggere l’invasore tedesco.
   197   198   199   200   201   202   203   204   205   206   207