Page 163 - Storia della Russia
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Arte e letteratura
L’arte e la letteratura dei decenni che seguirono l’emancipazione furono la riprova di una
sempre maggior consapevolezza da parte del pubblico. Gli anni immediatamente
successivi al 1861 trascorsero sotto il segno del realismo critico, ma l’influenza del
crescente spirito nazionale e nazionalista non tardò a farsi sentire. Questa fu anche l’epoca
delle opere mature di Turgenev, Tolstoj e Dostoevskij. L’ultimo quarto del secolo, invece,
è ricordato come l’«età d’argento» della Russia imperiale, un periodo caratterizzato da una
notevole rivoluzione culturale in tutti i campi e da un netto rifiuto del codice realista,
prima dominante, a favore dell’individualismo, dell’estetismo, della sperimentazione fin
de siècle e dell’immaginazione mistica.
Negli anni Sessanta, tuttavia, la nuova scuola realista degli artisti ambulanti
(peredvižniki), detti così per le loro mostre itineranti, si sentì chiamata a rappresentare la
Russia e il suo popolo nella loro vita quotidiana. Oltre ai commoventi quadri sulla gente
comune celebrati dalla critica sovietica, produssero paesaggi e ritratti. Dagli anni Sessanta
ai Novanta costituirono la maggiore corrente pittorica del paese. Sostenuti dall’influente
critico Vladimir Stasov, trovarono il loro mecenate nel ricco mercante Pavel Tret’jakov,
che ne acquistò i dipinti per la sua collezione privata, divenuta poi la grande Galleria
Tret’jakov di Mosca.
La nascita di nuove istituzioni consolidò in campo musicale gli sviluppi dei decenni
precedenti. La Società musicale russa, creata nel 1859, ebbe presto sedi in tutto il paese. I
fratelli Anton e Nikolaj Rubinštein fondarono il Conservatorio di San Pietroburgo e quello
di Mosca, rispettivamente nel 1862 e nel 1866. Entrambe le istituzioni divennero centri
d’insegnamento ed eccellenza: i musicisti russi potevano finalmente formarsi e vivere
della loro arte in patria. A differenza della maggior parte dei suoi contemporanei, Anton fu
un musicista «occidentalista». Il già menzionato Milij Balakirev, invece, fu a capo di un
circolo pietroburghese, composto dal cosiddetto «gruppo dei cinque», i compositori
Aleksandr Borodin, César Cui, Modest Musorgskij e Nikolaj Rimskij-Korsakov. Ancora
tutti dilettanti, furono uniti dal loro consacrarsi alla tradizione folclorica russa, che
influenzò la loro musica e la scelta dei libretti. Pëtr Čajkovskij, tra i primi diplomati del
Conservatorio di San Pietroburgo, fu nominato professore di armonia al nuovo
Conservatorio di Mosca nel 1866, ma abbandonò presto l’insegnamento per dedicarsi
esclusivamente alla composizione. Le sue opere, popolari in Russia come all’estero,
mescolavano forme russe ed europee; anche se rielaborò con successo temi russi, non si
identificò mai con la corrente nazionalista. L’ultimo grande esponente legato alla
tradizione fu Sergej Rachmaninov, pianista geniale e compositore prolifico, che passò la
seconda metà della sua vita, dopo il 1917, fuori dalla Russia. Alla svolta del secolo una
nuova generazione di compositori si mise in cerca di nuove forme d’espressione:
Aleksandr Skrjabin esplorò il misticismo simbolista, Sergej Prokof’ev la dissonanza
dell’avanguardia. La musica di Igor’ Stravinskij, invece, partiva da fonti popolari, che
rimaneggiava in forme quasi irriconoscibili. Le sue suite per balletto L’uccello di fuoco
(1910), Petruška (1913) e La sagra della primavera (1913), commissionate da Sergej
Djagilev per i Ballets russes di Parigi tra il 1909 e il 1929, lo imposero come massimo
esponente della musica d’avanguardia.
La ragione del trionfo dei balletti di Djagilev in Francia è da ricercare nelle sue