Page 161 - Storia della Russia
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riottose. Dopo il 1881 Alessandro III riaffermò il potere autocratico e la nuova polizia si
adoperò contro ogni forma di dissenso: fu un’epoca di «scarsi risultati» per moderati e
liberali. Nel decennio seguente gli umori cominciarono a cambiare. Durante la carestia e
l’epidemia di colera sul Volga del 1891-1892, professionisti e volontari lavorarono
alacremente e con successo per alleviare le sofferenze della popolazione: pur dipendendo
dall’aiuto delle autorità locali, con il loro successo diedero l’impressione di aver supplito a
un fallimento del potere ufficiale. Sulla scia delle «controriforme» degli anni Novanta,
tutto questo diede nuovo vigore alle attività sociali e rinnovata fiducia a chi desiderava
lasciare un segno nella vita pubblica.
Intanto, anche le masse popolari davano vita a nuove forme associative. La persistente
divisione tra le classi sociali, un problema storico nella società russa, divenne un baratro
negli anni della Rivoluzione. Contadini e operai continuavano a considerare estranei e
sospetti i ceti istruiti, atteggiamento dovuto all’incapacità del governo di dare il giusto
peso agli interessi delle classi lavoratrici. Nelle città questo emergeva in modo particolare
per l’inadeguata regolamentazione del lavoro. Nella seconda metà del secolo, lo sviluppo
industriale fu accompagnato dai mali tipici della prima industrializzazione e da
un’urbanizzazione selvaggia. Sebbene fino a dopo la Rivoluzione gli operai fossero ancora
pochi rispetto ai contadini, il loro numero crebbe con una certa rapidità. Ma la generazione
emergente dei proprietari delle fabbriche trovava ascolto presso il governo. Il problema
dell’ispezione delle fabbriche e della regolamentazione del lavoro fu affrontato tardi e in
maniera inadeguata negli anni Ottanta, con qualche intervento anche nel decennio
successivo. Gli scontri tra proprietari e lavoratori si fecero più frequenti. I primi scioperi
importanti nell’industria russa si verificarono alla fine degli anni Settanta, e da quel
momento in poi divennero parte integrante delle dinamiche industriali. Lo sfruttamento
era diffuso, i salari e il livello di vita bassi, i sindacati illegali. Con la recessione del 1900-
1903 si verificò nelle fabbriche l’ennesima ondata di disordini. I lavoratori trovarono
nuovi luoghi di socializzazione. Si riunivano spesso nelle osterie (dove i loro discorsi
erano controllati dalla polizia), ma frequentavano anche le scuole domenicali, un ambiente
decisamente più sobrio. Nate a metà del secolo, le scuole domenicali erano frequentate da
uomini di tutte le età e tra gli insegnanti volontari militavano molti radicali. Gli
zemljačestva erano gruppi d’incontro finalizzati a scopi sociali e lavorativi, il cui ruolo fu
ricoperto in città e in campagna anche dalle cooperative. Dopo il 1905, quando fu
garantita la libertà di associazione, i sindacati si moltiplicarono, e anche se negli anni
successivi molti vennero chiusi, altri sopravvissero, entrando definitivamente a far parte
della vita lavorativa. Erano tutte organizzazioni operaie con cui le classi medie avevano
pochi contatti.
L’autorità dello zar, ancora forte in campagna e tra le classi inferiori prima del 1905,
perse sempre più influenza negli ambienti cittadini istruiti. La Chiesa ortodossa, in
difficoltà, non era certo in grado di propagandare in modo efficace l’infallibilità dello zar,
anche se il Cristianesimo ortodosso costituiva ancora la base della visione del mondo per
la maggior parte dei russi. Infatti, mentre, ad esempio, i parroci di San Pietroburgo si
dimostravano molto attivi, ottenendo anche un certo successo, l’istituzione non riuscì ad
assumere il ruolo di guida e i tentativi di alcuni membri dell’intellighenzia di trovare un
linguaggio comune con la Chiesa naufragarono di fronte all’inflessibilità ecclesiastica.
Sotto la pressione degli eventi del 1905, il procuratore supremo del Santo Sinodo,