Page 157 - Storia della Russia
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loro  unità  attraverso  comitati  eletti  e  a  mandare  propri  rappresentanti  al  soviet.  Mentre
        acquisiva il controllo delle forze militari di Pietrogrado, il soviet dichiarava anche il suo
        appoggio  condizionato  al  governo  provvisorio,  stabilendo  una  situazione  di  «doppio
        potere», dei lavoratori e delle classi politiche. Il modello del soviet di Pietrogrado venne
        imitato spontaneamente in tutto l’impero, dove i soviet iniziarono a fare la loro comparsa
        uno dopo l’altro. Lo zar partì dal suo quartier generale alla volta della capitale, ma il treno
        su  cui  viaggiava  dovette  essere  deviato  verso  Pskov.  Il  2  marzo  la  Duma  annunciò  il
        nuovo esecutivo, e dal suo vagone, messo davanti al fatto compiuto, lo zar abdicò per sé e
        per  il  figlio  malato;  sperando  di  salvare  la  monarchia  nominando  un  sovrano  più
        accettabile,  propose  come  successore  suo  fratello,  il  granduca  Michail.  Il  comando

        dell’esercito  si  dichiarò  incapace  di  garantirne  l’incolumità:  Michail,  di  conseguenza,
        rifiutò l’offerta. Questo segnò la fine della dinastia dei Romanov.          8
           Per la sopravvivenza dello zar, come nel 1905, anche nel 1917 fu cruciale la reazione

        delle forze armate. Sia la guarnigione di Pietrogrado, sia l’esercito al fronte rifiutarono di
        obbedire agli ufficiali e di sostenere il regime autocratico. L’incompetenza politica dello
        zar aveva portato discredito all’intero sistema; la posizione ideologica di Nicola II e la sua
        incapacità  di  comprendere  le  realtà  politiche  avevano  reso  l’autocrazia  e  i  suoi
        meccanismi  sempre  più  irrilevanti  e  un  ostacolo  per  la  vita  del  paese.  La  sua  visione
        politica, formatasi in gioventù sotto l’influenza di Pobedonoscev, era incentrata sul diritto
        divino dell’autocrate e sulla diretta relazione patriarcale tra il sovrano e il narod (popolo),
        che  egli  credeva  fosse  esistita  nella  «Santa  Russia»  prima  di  Pietro  il  Grande.  Nicola
        aveva dato a suo figlio il nome dello zar Aleksej Michailovič; a corte si usavano vestiti e
        simboli secenteschi. Rifiutando di riformare la Chiesa come istituzione, lo zar cercò la
        vera  santità  tra  i  suoi  rappresentanti  più  umili,  e  pensò  di  trovarla  nella  discutibile  ma
        carismatica  figura  di  Grigorij  Rasputin,  uno  starec  contadino  siberiano.  Nel  1905,

        fermando il sangue che sgorgava da una ferita dello zarevič Alessio, malato di emofilia,
        Rasputin  si  era  conquistato  la  devozione  della  zarina,  di  inclinazioni  mistiche,  ed  era
        diventato  confidente  e  consigliere  politico  della  famiglia  imperiale.  Il  suo  stile  di  vita
        disdicevole e la sua pessima influenza sui reali provocarono scandalo e nel 1916 Rasputin
        fu  assassinato  da  cortigiani  esasperati.  Dopo  il  1905,  nonostante  il  radicale  mutamento
        della situazione, la condotta di Nicola continuò a escludere e tenere lontana dal processo
        politico  la  maggior  parte  della  società,  perdendo  l’occasione  di  ampliare  la  base  di
        consenso del governo. Fondamentalmente, la Rivoluzione di febbraio fu un riflesso delle
        difficoltà  della  guerra  e  delle  drammatiche  condizioni  sociali,  che  spinsero  a  un  punto
        critico  i  problemi  da  tempo  presenti  nel  mondo  russo.  Si  è  appositamente  dibattuto  se
        concessioni politiche di Alessandro II e di Alessandro III o la piena accettazione da parte
        di Nicola del suo ruolo costituzionale dopo il 1905 avrebbero potuto salvare il regime e
        permettere alla Russia di raggiungere in modo pacifico una qualche forma di democrazia.
        Una  simile  evoluzione  non  è  da  considerarsi  impossibile,  ma  è  chiaro  che  durante  i
        difficili anni di guerra qualsiasi governo si sarebbe scontrato con i fondamentali problemi
        strutturali, sociali ed economici del paese. L’intransigente autocrazia, dunque, non era più

        capace di governare la complessa società formatasi dopo il 1861.
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