Page 108 - Storia della Russia
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Paolo I, Alessandro I, Nicola I
A Caterina successe il figlio Paolo I (1796-1801). Tenuto in disparte, pieno di
risentimento, per tutto il regno della madre, Paolo, come il padre putativo Pietro III, era di
equilibrio instabile e privo di giudizio. Appena salito al trono varò una nuova legge di
successione (1797), prescrivendo la primogenitura, e nel corso del suo regno restituì al
governo centrale un saldo controllo sul sistema di autonomie locali voluto dalla madre e
ora alquanto potenziato. Il nuovo zar, amante delle uniformi e delle parate, inaugurò la
militarizzazione della vita ufficiale che divenne tratto distintivo del XIX secolo. Ma il suo
eccessivo rigore nei confronti dell’esercito e delle élite civili, nonché i suoi colpi di testa
in politica estera crearono un clima di forte scontento che culminò nella sua deposizione,
avvenuta tramite colpo di stato, con il benestare del figlio ed erede, il granduca Aleksandr.
Lo zar fu strangolato accidentalmente durante una rissa. Aleksandr, sconvolto, giunse al
potere da parricida.
Alessandro I (1801-1825) riuniva in sé interessi militari e un’educazione idealista (ebbe
per tutore un repubblicano svizzero). La sua grande cultura personale, la raffinatezza e il
talento diplomatico fecero di lui uno dei sovrani più affascinanti della dinastia dei
Romanov. Dopo Paolo, in quello che Puškin definì «lo splendido inizio dei giorni di
Alessandro», si respirava un’aria di novità e cambiamento: il suo governo segnò la piena
maturità della nuova cultura. Alessandro si trovò di fronte agli eterni problemi russi di
governo, ora esacerbati dall’eredità ideologica della Rivoluzione francese, dall’instabilità
dell’Europa napoleonica e dall’emergere della rivoluzione industriale. Lo zar si dichiarò
amante delle Costituzioni, ma non poté contare né su una sicurezza politica né
sull’appoggio delle classi sociali che gli avrebbero permesso di cambiare il sistema
autocratico. Per Alessandro, inoltre, la Costituzione non era uno strumento per bilanciare
ed equilibrare il potere, ma soprattutto un mezzo per rendere più efficiente
l’amministrazione del paese. Egli concesse costituzioni alle zone periferiche dell’impero e
ai suoi stati satelliti, Polonia, Finlandia e le isole Ionie. Tuttavia, nonostante i numerosi
progetti commissionati, in patria mantenne intatti i propri poteri, e le sue misure, come
quelle dei suoi predecessori, furono finalizzate a migliorare esclusivamente il
funzionamento dell’amministrazione e dell’esercito: ministeri centrali per sostituire i
Collegi di Pietro, maggiori requisiti culturali per i funzionari civili, un rinnovato sistema
educativo basato su sei nuove università. Ma il vero dilemma del suo regno fu una
questione che acquisiva sempre maggiore peso: la servitù della gleba. Anche qui
Alessandro cercò i mutamenti in periferia (province baltiche e Ucraina) ma adottò solo
misure limitate al centro, e le famose colonie militari, fondate per diminuire i costi
dell’esercito sotto la severa direzione del primo ministro Aleksej Arakčeev, combinarono
efficacemente le strutture militari ai villaggi contadini. Istituite nel 1810, rimasero attive
fino al 1858.
Tuttavia, fu la guerra ad assorbire molte delle energie di Alessandro: l’epoca
napoleonica portò la Russia prima alla catastrofe, poi al trionfo negli anni tra il 1812 e il
1815. La vittoria russa su Napoleone fornì una prova inconfutabile del grado di forza e
resistenza di cui disponeva l’esercito russo (in particolare la sua artiglieria), nonché del
recente sviluppo nel meridione del paese, da cui provenivano i rifornimenti delle truppe.
Ma rappresentò anche la supremazia delle tecniche di combattimento adottate nelle steppe