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                                                                                      L’Italia dei Longobardi
                                                                                       e di Gregorio Magno



                                  † La fatica dello scrivere, XII sec.
                                         [University Library, Durham]
                           Fra le molte Regole elaborate nel corso dell’alto
                          Medioevo, la più fortunata nell’Occidente fu quella
                                  benedettina. Fondatore dell’abbazia di
                        Montecassino, Benedetto da Norcia stese la Regola
                         più antica, conosciuta come Regula Magistri. Oltre
                          alla povertà personale e all’obbedienza, la Regola
                           prescrive ai monaci un fortissimo impegno nella
                          preghiera, nello studio e una certa dose di lavoro
                           manuale. Il lavoro fondamentale era quello dello
                         scriptorium, cioè del laboratorio in cui si copiavano
                           e illustravano libri, interamente prodotti a mano.



























                                                               π Due celle monacali, Kerry (Irlanda)
                                                               Particolarmente dura era la vita dei monaci irlandesi. I missionari che arrivavano in queste lande
                                                               desolate dell’estremo Nord dedicavano la loro vita all’evangelizzazione dei popoli celti, conducendo
                                                               una vita di gravi privazioni. I monaci abitavano in celle come queste, costruite sulla nuda roccia,
                                                               semplicemente sovrapponendo le pietre in cerchi sempre più stretti.



                        7. La fine del regno longobardo e l’emergere del papato

                         Longobardi, Bizantini e papato Completata la conversione al cattolicesimo e realizza-
                        ta anche a livello giuridico l’integrazione tra Romani e Longobardi [®24.3], Liutprando
                        (712-744) avviò una nuova fase di espansione territoriale a danno dei due ducati autono-
                        mi (Spoleto e Benevento) e dei territori bizantini. I Bizantini in Italia erano sulla difensi-
                        va: Bisanzio, infatti, non poteva dedicare troppe cure al fronte italiano, perché dilaniata
                        da una gravissima crisi interna [®24.8]; nei territori bizantini inoltre vi era un forte mal-
                        contento contro l’imperatore d’Oriente: le popolazioni mal sopportavano la pesante op-
                        pressione fiscale, mentre il pontefice di Roma – insieme con le varie chiese locali – era
                        sempre meno disposto ad accettare le ingerenze di Costantinopoli nella vita religiosa del-
                        la Cristianità occidentale.
                        A differenza della Chiesa orientale, dove l’imperatore interferiva anche nelle questioni
                        teologiche [®23.9], il vescovo di Roma rivendicava infatti con sempre maggiore fermez-
                        za l’autonomia del potere «spirituale» rispetto a quello «temporale». Una posizione che
                        si era accentuata a partire da Gregorio Magno ed era fondata, sotto il profilo dottrinario,
                        sull’idea che il vescovo di Roma era depositario della «tradizione apostolica» più pura in
                        quanto successore diretto di san Pietro [®19.8]. Questa affermazione dell’autonomia e

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