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                                             Unità 22
                                             Il crollo dell’Occidente



                  Superbo nel procedere, saettando gli occhi  eccelleva nelle decisioni; si lasciava piegare  pelli grigi, naso camuso, una carnagione
                  ora da una parte ora dall’altra, rivelava l’or-  dalle suppliche; benigno una volta che aves-  scura: i segni caratteristici della sua razza.
                  goglio della sua potenza persino nei movi-  se accordato la sua protezione. Basso di sta-
                  menti del corpo. Amava le battaglie, ma era  tura, largo di petto, piuttosto grosso di te-  GUIDAALLALETTURA
                  in grado di padroneggiarsi durante l’azione;  sta, aveva occhi piccoli, barba non fitta, ca-  1. Come viene descritto Attila da Giordane?





                                             Attila visto dai suoi.Il più grande degli Unni
                                             Al di là del ritratto decisamente negativo, il racconto di Giordane ci fornisce anche qualche pre-
                                             ziosa indicazione sull’opinione che di Attila aveva la sua gente. Colui che agli occhi del mondo ro-
                                             manizzato appariva come il barbaro che non conosceva né civiltà né religione e che seminava ter-
                                             rore e morte, appariva invece al suo popolo come un grande sovrano, un condottiero ineguaglia-
                                             bile che lo aveva condotto a successi straordinari e a una potenza senza precedenti. Con questi
                                             sentimenti di devota gratitudine la memoria di Attila venne celebrata dai migliori tra i cavalieri
                                             del suo esercito subito dopo la sua morte.



                 DOC3
                  Giordane, Storia dei Goti, 49       Mundzuc, signore delle genti più forti, d’u-  mezzo ai dolori, ma nella gioia e nel fiorire
                                                      na potenza senza precedenti, lui che in sé  della sua gente. E colui del quale nessuno
                  La salma venne esposta in campo aperto,  solo riunì Scizia e Germania, che portò il  deve trarre vendetta, si può dire che sia
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                  sotto una tenda di seta: offerta a tutti e che  terrore in ambedue gli imperi romani, che  morto?».
                  tutti potessero contemplarla in quella so-  ne conquistò le città, che cedendo alle sup-
                  lennità della morte, mentre i più scelti tra i  pliche salvò il resto dal saccheggio accon-  1. Attila non morì in battaglia, ma nel suo letto, in se-
                  cavalieri, circuendola con evoluzioni simili  tentandosi d’un tributo annuale. E lui è  guito a un’emorragia.
                  a quelle dei giochi del circo, enumeravano  morto, dopo il prospero compimento di
                  le imprese del re con un canto funebre: «Il  tutte queste imprese, non per mano del ne-  GUIDAALLALETTURA
                  più grande degli Unni, Attila re, figlio di  mico, non per tradimento dei suoi, non in  1. Quale opinione ha di Attila la sua gente?





                                             Se Roma perisce...
                                             L’eco del sacco di Roma del 410 giunse nella lontana Gerusalemme. Di qui san Girolamo (348 ca.-
                                             420) scrisse tutta la sua angoscia per la sorte della «città gloriosa», e per le sofferenze della sua po-
                                             polazione. Il trauma psicologico che si rivela in questo scritto era diffuso in ampi settori della so-
                                             cietà romana, sia pagani sia cristiani.


                 DOC4
                  Girolamo, Epistole, 138, 2          occuparono ogni angolo della Gallia. I  trebbe crederlo? Quali storie potranno tra-
                                                      Quadi, i Vandali, i Sarmati, gli Alani, i Ge-  mandare attendibile il fatto di una Roma
                  Oh, vergogna. Ecco che l’universo va in ro-  pidi, gli Eruli, i Sassoni, i Borgognoni, gli  costretta a combattere nel suo interno non
                  vina e che il peccato persiste in noi. Quella  Alemanni, i nemici di Pannonia hanno  per la gloria, ma per la salvezza? [...] E que-
                  città gloriosa, quella capitale dell’impero è  quanto si trova fra le Alpi e i Pirenei, fra il  sto è accaduto non per colpa degli impera-
                  stata consunta da un solo incendio: non vi è  Reno e l’oceano, tutto devastando in un  tori che sono religiosissimi, ma per la scel-
                  regione dove non si trovino profughi; chie-  impero su cui non resta che piangere. [...]  leratezza di un mezzo barbaro traditore il
                  se un tempo religiosamente custodite spro-  Se Roma perisce, che altro mai si salverà?  quale con le nostre risorse ha armato il ne-
                  fondano in cenere e rovina; e noi siamo pur  [...] La lunga prova ha inaridito le nostre  mico contro di noi .
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                  sempre vittime della nostra avidità [...].  lacrime. Tolti pochi vecchi, tutti gli altri so-  Giunse dall’Occidente la terribile notizia
                  Essere nell’esiguo numero dei superstiti  no nati nella servitù e nella costrizione,
                  non è merito nostro, bensì misericordia del  senza nemmeno poter desiderare una li-  1. Gli imperatori religiosissimi sono Arcadio e Ono-
                  Signore. Popoli ferocissimi e innumerevoli  bertà che non hanno conosciuto. Chi po-  rio, il semibarbaro traditore è Stilicone.


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