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Unità 22
Il crollo dell’Occidente
in tal paragone dovrò ricordare i Galli, che ci al solo scopo di correggere la città su-
per quasi un anno calpestarono da padro- perba, lasciva, blasfema, nello stesso tem-
ni le ceneri dell’Urbe abbattuta e incendia- po furono abbattuti dai fulmini i luoghi più GUIDAALLALETTURA
1. A chi attribuisce Orosio la responsabilità
ta. E perché nessuno potesse dubitare che illustri dell’Urbe che i nemici non erano dell’irruzione dei barbari a Roma?
tanto scempio era stato consentito ai nemi- riusciti ad incendiare. 2. Come vengono presentati i barbari da Orosio?
Ingiustizia romana,giustizia barbara
Tra gli autori che affrontarono il problema dei rapporti tra Romani e barbari, il prete di Marsiglia
Salviano occupa un posto particolare. Egli non nasconde che ci sia qualcosa di repellente nei bar-
bari (il fetore, i vestiti), ma li giudica moralmente superiori ai Romani: più giusti, più liberi, più
generosi. In questa celebre invettiva da lui scritta verso il 440 i temi che animavano la millenaria
contrapposizione tra la civiltà greco-romana e la barbarie risultano completamente capovolti.
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Salviano, Il governo di Dio, 4, 12-13; 5, 4-5 corpi e degli abbigliamenti barbarici, da che molti sono colpiti da pochi individui,
coloro presso i quali si rifugiano, tuttavia per i quali la riscossione delle imposte è di-
Volgiamo l’occhio alle turpitudini, alle ver- preferiscono sopportare tra i barbari la dif- ventata oggetto di rapina. [...] In quale città
gogne, ai delitti del popolo romano e ci ferenza del modo di vivere che non fra i i capi non divorano fino all’ultimo i beni
renderemo conto se possiamo meritare la Romani l’infierire dell’ingiustizia [...]. delle vedove e degli orfani e quelli di quasi
protezione divina mentre viviamo in tanta Per quanto riguarda i nostri rapporti con i tutti gli uomini di Chiesa, che vengono con-
impurità; [...] i poveri sono messi a sacco, Goti e con i Vandali, in che cosa mai ci pos- siderati come altrettanti orfani e vedove
le vedove gemono, gli orfani sono oppres- siamo ritenere superiori o soltanto parago- perché non vogliono difendersi? [...] Nes-
si, tanto che molti di essi e neppure nati da narci con loro? Per cominciare dall’amore e suno di costoro è dunque sicuro e quasi nes-
oscuri natali e signorilmente educati fug- dalla carità [...] quasi tutti i barbari, almeno suno, all’infuori dei più potenti, si sottrae
gono presso il nemico, per non morire nel quelli che appartengono a una stessa stirpe alla devastazione, al latrocinio e al saccheg-
tormento di una pubblica persecuzione: e sono sudditi di uno stesso re, si amano vi- gio, se non quelli che sono della stessa stof-
cercando invero presso i barbari l’umanità cendevolmente mentre quasi tutti i Romani fa dei ladroni. Le cose sono degenerate a tal
romana, dal momento che presso i Roma- si perseguitano tra loro. [...] Da quest’em- punto che non si salva se non chi è malvagio.
ni non possono sopportare una barbara pia mentalità deriva anche una crudeltà che
inumanità. E sebbene differiscano per co- i barbari ignorano e che per i Romani è in- GUIDAALLALETTURA
stume, per lingua, ed anche si sentano re- vece consueta: quella di opprimersi con l’e- 1. Che cosa rimprovera Salviano ai Romani?
2. In che cosa i barbari, secondo Salviano, sono
spinti per così dire dallo stesso fetore dei sazione delle imposte. [...] Ciò che è grave è superiori ai Romani?
Il romano divenuto barbaro.
Meglio vivere tra gli Unni che tra i Romani
Ci sono vicende individuali, di personaggi oscuri, che possono divenire il simbolo di una storia
collettiva che nessuno storico antico ha mai raccontato. È proprio questo il caso della vicenda
di un uomo qualunque, di cui ignoriamo persino il nome, che costituisce una tra le immagini
più significative di questo periodo.
Di questo anonimo personaggio ci parla Prisco, un funzionario della corte romana di Costanti-
nopoli che partecipò per conto dell’imperatore a varie missioni diplomatiche e scrisse un’opera
storica dove i rapporti tra i Romani e i barbari avevano un notevole risalto. In essa si narrava
anche della missione compiuta dallo stesso autore presso gli Unni.
È il 449: Prisco attende di essere ricevuto da Attila nel suo quartier generale, posto in una lo-
calità imprecisata nei pressi del Danubio. Durante la lunga attesa uno sconosciuto, che dall’a-
spetto sembra un barbaro, si avvicina a Prisco e lo saluta in greco. Alla sorpresa del romano, lo
sconosciuto risponde rivelando di essere egli stesso un romano e raccontando la sua avventuro-
sa storia. Condotto dalle vicende del caso a vivere tra i barbari, una volta libero di scegliere se
ritornare alla civilitas romana o se rimanere nel mondo barbarico, aveva preferito quest’ultimo.
Al suo interlocutore l’uomo spiega anche con convinzione i motivi della sua scelta singolare. Gli
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