Page 581 - Profili di Storia
P. 581

P2_Modulo06.qxp  19-03-2010  11:48  Pagina 566











                   DOSSIER                   Aspettando
                                             i barbari


                       In che modo gli            a penetrazione dei barbari entro i confini dell’impero romano non fu un evento improvviso. Es-
                                              Lsa infatti si era pesantemente manifestata già nel III sec. d.C. A partire da quest’epoca si diffu-
                       scrittori romani
                                              se tra i cittadini romani un clima di inquietudine e preoccupazione, dettato dal pericolo dei «barba-
                          descrissero i       ri». Definendoli «barbari» i Romani dimostrarovano scarsa considerazione verso quei popoli, che in
                               barbari?       realtà erano portatori di una civiltà e di valori diversi. I racconti degli storici romani, infatti, abbon-

                                              dano di pregiudizi sui barbari, descritti come esseri crudeli, infidi e ambigui [®DOC1]. Il re degli
                       Come avvenne           Unni Attila era definito addirittura «flagello di Dio» per la ferocia con cui conduceva le battaglie; di
                     l’infiltrazione dei      tutt’altra natura l’opinione che del condottiero aveva il suo popolo [®DOC2 e 3].
                  barbari nell’impero         Il sacco di Roma del 410 d.C. rappresentò per i contemporanei un vero e proprio shock, come si
                               romano?        evince dal racconto di san Girolamo [®DOC4]. Questo stesso evento è interpretato in maniera di-
                                              versa da Orosio, anch’egli cristiano, per il quale l’invasione dei Visigoti è vista come una punizione
                                              divina nei confronti di una città peccatrice; in questo racconto i barbari appaiono addirittura più vi-
                                              cini degli stessi Romani al messaggio cristiano [®DOC5]. Salviano, un prete di Marsiglia, giunge
                                              perfino a elogiare i costumi dei barbari rispetto a quelli dei Romani: molti, a suo avviso, sono i cit-
                                              tadini che preferirebbero rifugiarsi presso il nemico alla ricerca di una maggiore umanità
                                              [®DOC6].Anche Prisco, diplomatico romano, racconta il suo incontro con un cittadino romano che
                                              aveva scelto di vivere tra i barbari, rivelando l’angoscia dilagante tra gli abitanti delle province e la
                                              diffusa sensazione di una rovina imminente [®DOC7 e 8].
                                              Questo clima di decadenza era avvertito anche a Roma, dove il degrado si rifletteva persino sugli
                                              edifici pubblici, sottoposti a continue spoliazioni [®DOC9].
                                              Entrando a contatto con i Romani, i «barbari» assimilarono molti aspetti della loro cultura. Ma anche
                                              la cultura dei barbari influenzò quella romana, come testimoniano alcune usanze che la legge ro-
                                              mana cercò invano di proibire [®DOC10].





                                             Gli Unni,un popolo di cavalieri
                                             La prima descrizione degli Unni si deve allo storico Ammiano Marcellino (seconda metà del IV
                                             secolo). Si noteranno i tipici pregiudizi che caratterizzano gli incontri tra popoli diversi: l’«altro»
                                             è fatalmente crudele, ambiguo e infido. Accanto a queste notazioni compaiono tuttavia osserva-
                                             zioni preziose sulle usanze e il modo di vita di una cultura nomade.



                 DOC1
                  Ammiano Marcellino, Storie, XXXI, 2, 1-11  quei tronchi grossolanamente scolpiti che  abituati sin dalla nascita a sopportare gelo,
                                                      si trovano sui parapetti dei ponti. Per  fame e sete. Quando sono lontani dalle lo-
                  Il popolo degli Unni, poco noto agli anti-  quanto abbiano la figura umana, sebbene  ro sedi, non entrano nelle case a meno che
                  chi storici, abita al di là delle paludi Meo-  deforme, sono così rozzi nel tenore di vita  non siano costretti da estrema necessità, né
                  tiche lungo l’oceano glaciale e supera ogni  da non aver bisogno né di fuoco né di ci-  ritengono di essere al sicuro trovandosi
                      1
                  limite di barbarie.                 bi conditi, ma si nutrono di radici di erbe  sotto un tetto.
                  Siccome hanno l’abitudine di solcare pro-                                Adoperano vesti di lino oppure fatte di
                  fondamente con un coltello le gote ai bam-  selvatiche e di carne semicruda di qualsia-  pelli di topi selvatici, né dispongono di una
                  bini appena nati, affinché il vigore della  si animale, che riscaldano per un po’ di  veste per casa e di un’altra per fuori. Ma
                  barba, quando spunta al momento debito,  tempo fra le loro cosce e il dorso dei ca-  una volta che abbiano fermato al collo una
                  si indebolisca a causa delle rughe delle  valli.                         tunica di colore sbiadito, non la depongo-
                  cicatrici, invecchiano imberbi, senz’alcuna  Non sono mai protetti da alcun edificio,  no né la mutano finché, logorata dal lungo
                  bellezza e simili ad eunuchi. Hanno mem-  ma li evitano come tombe separate dalla vi-
                  bra robuste e salde, grosso collo e sono  ta d’ogni giorno. Neppure un tugurio con
                  stranamente brutti e curvi, tanto che si po-  il tetto di paglia si può trovare presso di lo-
                  trebbero ritenere animali bipedi o simili a  ro, ma vagano attraverso montagne e selve,  1. Il mare d’Azov.


                 566
   576   577   578   579   580   581   582   583   584   585   586