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Unità 21
L’impero cristiano
nestà, nel tribunale la giustizia, la solida- certo non è colpa dei cristiani se ai vecchi moltiplicano, e le avversità assumono vari
rietà nelle amicizie, la perizia nelle arti, nei è diminuita la forza, e più non hanno l’udi- aspetti, e per l’avvicinarsi al dì del giudizio,
costumi la disciplina. Pensi veramente che to di un tempo, la rapidità e la forza visiva la condanna del Dio sdegnato si muove a
un mondo così vecchio possa aver l’energia di un tempo, la robustezza e gagliardia e sa- rovina degli uomini. Hai torto tu, nella tua
che la giovinezza ancor fresca e nuova poté nità di un tempo. Vediamo fanciulli canu- stolta ignoranza del vero, di protestare che
un tempo trovare? È necessario che perda ti; i capelli scompaiono prima di crescere; queste cose accadono perché noi non ono-
vigore tutto ciò che, appressandosi la fine, ormai la vita non finisce, ma comincia con riamo gli dèi; accadono, perché voi non
volge al tramonto e alla morte. Così nel suo la vecchiaia [...]. onorate Dio.
tramonto il sole manda raggi meno lumi- Quanto alla frequenza maggiore delle
nosi e infuocati; così al suo declino meno guerre, all’aggravarsi delle preoccupazioni
luminosa è la luna; e l’albero, che prima era per il sopravvenire di carestie e sterilità, al-
stato fertile e verde, inaridendosi i rami, di- l’infierire di malattie che rovinano la salu- GUIDAALLALETTURA
venta sterile e deforme per vecchiaia. te, alla devastazione che la peste opera in 1. Secondo Cipriano, quali sono i segnali
attraverso cui si manifesta la vecchiaia del mondo?
Tu dai la colpa ai cristiani, se tutto dimi- mezzo agli uomini, anche ciò, sappilo, fu 2. Per quale motivo, secondo il vescovo Cipriano,
nuisce con l’invecchiare del mondo. Ma predetto: che negli ultimi tempi, i mali si il mondo era invecchiato?
La ricchezza degli aristocratici romani
Mentre i poveri diventavano sempre più poveri, i ricchi diventavano sempre più ricchi. La fortu-
na degli aristocratici romani era proverbiale: oltre che in beni immobili, essa consisteva in rendi-
te in oro e in natura provenienti dai possedimenti sparsi in tutte le province. Così essa veniva de-
scritta nei primi decenni del V secolo da un autore greco.
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Olimpiodoro, Frammenti, 43 Molte casate romane ricevevano dai loro una rendita tra le 1500 e le 1000 libbre
possedimenti una rendita annuale di 4000 d’oro.
Ognuna delle grandi dimore di Roma conte- libbre d’oro, senza contare il grano, il vino
neva in sé tutto quanto poteva avere una cit- e gli altri prodotti che, una volta venduti,
tà di modesta importanza: un ippodromo, rappresentavano un terzo della rendita in GUIDAALLALETTURA
1. Come appaiono a Olimpiodoro le dimore dei
delle piazze, dei templi, delle fontane, varie oro. Le casate di Roma che, dopo le prime, ricchi romani?
terme. Una sola dimora era una città [...]. occupavano il secondo rango, godevano di 2. Quali erano le fonti delle grandi ricchezze?
Ritratto di un uomo potente.
Come un pesce fuor d’acqua
Il potere delle grandi casate tardoantiche si fondava soprattutto sull’occupazione delle cariche
pubbliche e su clientele enormi. L’accaparramento delle cariche era inoltre oggetto di un’accesa
concorrenza tra i vari gruppi di nobili. Il più famoso aristocratico del IV secolo fu il cristiano Se-
sto Petronio Probo, immortalato in un ritratto dello storico Ammiano Marcellino, suo contem-
poraneo.
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Ammiano Marcellino, Storie, XXVII, 11, 1-6 desta. La fortuna, per così dire, innata, lo autorità, grazie alle generosissime largizio-
portava sulle sue ali veloci – come immagi- ni e alle cariche che costantemente ricopri-
Era un uomo ben noto nel mondo romano nano i poeti – e lo presentava alle volte be- va a intervalli di tempo, era tuttavia alle
per lo splendore della stirpe, per potenza e nefico ed intento ad innalzare gli amici, al- volte timido nei confronti degli audaci, ma
per ricchezze, che egli possedeva sparse tre volte insidiatore e crudele nelle sue arrogante di fronte ai timidi, di modo che,
per tutto l’impero, se giustamente o meno cruente inimicizie. quando aveva fiducia nelle sue forze, sem-
non spetta giudicare alla nostra mente mo- Sebbene avesse, finché visse, grandissima brava tuonare dall’altezza del coturno tra-
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