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                                                                                         Giuliano l’Apostata
                                                                                     e la fine del paganesimo



                        La controversia per l’altare della Vittoria.
                        Molte sono le strade per arrivare a Dio

                        Verso la fine del IV secolo il cristianesimo, divenuto religione di Stato, annoverava tra i suoi se-
                        guaci una parte molto cospicua dell’aristocrazia senatoria di Roma. I pagani erano ormai in posi-
                        zione di minoranza e conducevano una difficile battaglia per difendere la propria fede minaccia-
                        ta dal cristianesimo imperante.
                        Nel 382 l’imperatore Graziano fece rimuovere l’altare della Vittoria che dal tempo di Augusto si
                        trovava nella curia e privò il culto pagano tradizionale delle sovvenzioni statali. Simmaco, un ari-
                        stocratico pagano che fu prefetto di Roma nel 384-385, tentò invano di ottenere la revoca di quei
                        provvedimenti. Nella petizione da lui rivolta all’imperatore Valentiniano II (succeduto a Grazia-
                        no), egli invitava a conservare ciò che era ormai consolidato dalla tradizione e che aveva reso pos-
                        sibile la grandezza di Roma, e a non violare le antiche norme del diritto romano. Per sostenere la
                        sua richiesta egli faceva appello a un principio nobile e universale: la tolleranza religiosa. Quella
                        tolleranza a cui avevano per molto tempo vanamente aspirato i Cristiani, era adesso invocata dai
                        pagani.


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                         Simmaco, Relazioni, 3, 8-10         dall’esempio dei nostri antenati, cui giovò  È giusto considerare uno stesso e unico
                                                             aver seguìto quello dei loro.        essere quello che tutti gli uomini venera-
                         Ognuno ha propri costumi, propri riti. La  Immaginiamo ora che Roma sia qui pre-  no. Contempliamo i medesimi astri, ci so-
                         mente divina ha assegnato alle diverse città  sente e che si rivolga a voi con queste pa-  vrasta uno stesso cielo, uno solo è l’uni-
                         come protettori culti diversi. Come gli uo-  role: «Ottimi imperatori, padri della pa-  verso che ci circonda: che importa con
                         mini ricevono un’anima al momento della  tria, rispettate questa mia vecchiaia alla  quale dottrina ognuno di noi cerca la ve-
                         nascita, così i popoli hanno in sorte un ge-  quale sono pervenuta grazie all’osservan-  rità? Non si può giungere per un’unica
                         nio, che ne accompagna il destino. Si ag-  za  dei  riti.  Consentitemi  di  celebrare  le  via a un segreto così sublime.
                         giunga poi l’argomento costituito dal van-  cerimonie ancestrali, perché non ho ragio-
                         taggio reciproco, il legame più solido fra gli  ne di pentirmene. Questi culti hanno ri-
                         dèi e gli uomini. Perché, se ogni spiegazio-  dotto il mondo sotto il mio dominio, que-  1. Si riferisce all’invasione avvenuta nel IV sec. a.C. a
                         ne razionale del divino è avvolta nel miste-  sti riti hanno ricacciato Annibale dalle  opera dei Galli Sènoni, che furono poi cacciati grazie
                                                             mura, i Sènoni dal Campidoglio . Per
                                                                                                  all’intervento di Furio Camillo.
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                         ro, su quale elemento si può più corretta-  questo dunque sono stata salvata, per su-
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                         se non sui ricordi e sulle testimonianze dei  prima di emettere un giudizio sul nuovo
                         benefìci da esse elargiti? E se è vero che  culto che si vuole introdurre; comunque,
                         l’antichità conferisce prestigio alle religio-  il proposito di correggere la vecchiaia  GUIDAALLALETTURA
                         ni, allora dobbiamo conservare una fede  giunge tardivo ed offensivo». Dunque,  1. Con quali argomenti Simmaco cerca di
                                                                                                  convincere l’imperatore a non rimuovere l’altare
                         praticata per tanti secoli e non discostarci  per gli dèi patri [...] noi invochiamo pace.  della Vittoria?





                        La controversia per l’altare della Vittoria.Nessuna concessione!
                        Qualsiasi speranza di una risposta positiva alla petizione di Simmaco fu stroncata sul nascere dal-
                        l’immediata reazione di un personaggio molto influente, il vescovo di Milano Ambrogio, che tra-
                        mite alcune epistole indirizzate all’imperatore si oppose fermamente alla richiesta e giunse a mi-
                        nacciare di scomunica lo stesso sovrano, nel caso avesse osato dare parere favorevole.


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                         Ambrogio, Epistole, 73, 23          ma zelo per la fede, per la religione; o, se di  nuto a dar prova al vero Dio e della tua fe-
                                                             tale zelo egli manca, deve almeno non con-  de e della tua costanza in essa e della tua
                         Chi si pone al servizio di questo vero Dio,  sentire che si professino culti idolatri e si  prudenza e della tua devozione, mi mera-
                         e lo riceve entro di sé con animo devoto,  pratichino cerimonie profane. [...] Così,  viglia come alcuni siano giunti a sperare
                         deve usare non tolleranza, non indulgenza,  essendo tu, cristianissimo imperatore, te-  che tu possa dare l’ordine di restaurare gli


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