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Modulo 6
L’impero tardoantico
7. La plebe urbana
† Gare di quadrighe
all’ippodromo Una condizione privilegiata Rispetto alla popolazione rurale, la plebe urbanagodeva di
[Museo dell’Età Cristiana, Brescia] una condizione privilegiata: anzitutto essa era esentata dalla tassa più onerosa, la «capita-
Nel corso del IV secolo, e oltre, per zione», che gravava unicamente sui lavoratori dei campi. In secondo luogo, soprattutto nel-
celebrare l’accesso dei propri
membri alle tradizionali magistrature, le grandi città, essa usufruiva di distribuzioni alimentari gratuite o a prezzo agevolato. Nel
le più facoltose famiglie pieno dell’età tardoantica, il potere imperiale manifestò infatti una rinnovata e accentuata
dell’aristocrazia romana offrivano al
pubblico splendidi e costosi giochi considerazione per l’approvvigionamento delle grandi città, prima fra tutte la vecchia ca-
circensi. In tali occasioni, la plebe pitale, Roma. Alla plebe venivano distribuiti generi come l’olio, il vino, la carne di maiale, il
urbana di Roma non solo usufruiva
degli spettacoli gratuitamente, ma, pane. Sarebbe sbagliato considerare queste distribuzioni come una forma di carità. Esse
cosa più importante, poteva godere erano invece valutate – alla stessa stregua della partecipazione agli spettacoli del circo – un
delle distribuzioni straordinarie di
generi alimentari. diritto, una prerogativa del cittadino residente nella città di Roma e regolarmente iscritto
nelle liste civiche, un privilegio derivante da una qualifica personale. Non tutti
gli abitanti della città (per esempio gli stranieri di passaggio o gli individui tra-
sferitisi di recente) potevano dunque accedere alle distribuzioni, ma solo co-
loro che risultavano «cittadini della capitale».
Ciò nonostante, il numero degli assistiti era altissimo: nel IV secolo la popo-
lazione di Roma si aggirava intorno al milione di abitanti, e sappiamo che gli
aventi diritto alle distribuzioni di carne superavano le trecentomila unità.
Lo sforzo economico sostenuto dalla collettività per sfamare la plebe del-
la capitale era dunque enorme, e complessa l’organizzazione necessaria
al funzionamento del sistema. Il privilegio delle distribuzioni alimenta-
ri gratuite o a prezzo agevolato, tradizionalmente riservato alla plebe ro-
mana, fu inoltre esteso in quest’epoca ad altre importanti città: Costan-
tinopoli, Antiochia, Alessandria, Cartagine.
Equilibrio precario Tutto questo non deve far pensare che le condi-
zioni di vita della plebe delle grandi città raggiungessero livelli di be-
nessere o fossero almeno soddisfacenti. I cittadini che avevano diritto
alle distribuzioni vivevano certamente meglio di quelli che ne erano
esclusi, ma tutti possono essere definiti «poveri»: privi di lavori stabili e
di riserve monetarie, i plebei delle città conducevano un’esistenza pre-
caria. Bastava che un convoglio di grano fosse distrutto da una tempe-
sta, che il maltempo devastasse i raccolti o che i barbari depredassero
una provincia, e il delicato meccanismo dei rifornimenti si inceppava.
Allora i prezzi al mercato libero salivano e la fame dilagava.
Rivolte Come le autorità pubbliche sapevano bene, la plebe affa-
mata era molto pericolosa. La mancanza di viveri e l’aumento dei prez-
zi scatenavano puntualmente la violenza delle folle: le dimore dei ric-
chi venivano saccheggiate e incendiate, gli uffici pubblici devastati, i
rappresentanti dello Stato linciati.
Generosità pagana Le distribuzioni alimentari alle plebi urbane
rappresentano un fatto nuovo dell’epoca tardoantica soprattutto per le di-
mensioni che esse assunsero. Ma il fenomeno risaliva all’antica pratica del-
l’evergetismo (da euerghètes, «benefattore») tipica della polis greca come
della città romana: individui benestanti o ricchi – il notabile in un picco-
lo centro di provincia così come l’imperatore nella capitale – si privavano
di una parte delle loro risorse per costruire o restaurare opere pubbliche,
per organizzare giochi e spettacoli, per offrire banchetti e così via. A prima
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