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Modulo 6
L’impero tardoantico
4. Il problema militare
La risposta alla crisi del III secolo Costantino non fu un innovatore soltanto in cam-
po religioso: numerosi aspetti della sua politica rivelano il temperamento di un sovrano
che non esitava a trasformare, a innovare, a sconvolgere antiche tradizioni. A cominciare
dal problema vitale rappresentato dalla difesa dell’impero. I momenti drammatici del III
secolo, in cui era sembrato davvero che il mondo romano stesse per soccombere sotto gli
assalti dei Germani e dei Persiani, erano passati, ma l’allarme non era cessato. Se Diocle-
ziano aveva dato un notevole contributo al rafforzamento dell’impero, riorganizzandone
l’amministrazione [®20.8], Costantino introdusse profondi cambiamenti anche nell’or-
ganizzazione militare.
Il reclutamento degli eserciti avveniva in vario modo: a) attraverso il volontariato (in ve-
rità poco diffuso); b) attraverso l’obbligo ereditario, che costringeva il figlio del soldato a
† La porta Nigra di Treviri,
Germania
[disegno di P. Connolly] seguire il mestiere paterno; c) attraverso un meccanismo che prevedeva, per singole cir-
Il disegno mostra la ricostruzione e coscrizioni territoriali, il numero di reclute che i proprietari terrieri dovevano fornire: al
lo spaccato dell’accesso principale posto della recluta era consentito versare una somma di denaro con la quale l’ammi-
dell’antica Treviri, l’unico edificio
pervenutoci dell’imponente sistema nistrazione imperiale assoldava un sostituto; quest’ultimo poteva essere un cittadino ro-
difensivo della città in epoca mano oppure (come accadde sempre più di frequente) un barbaro; d) attraverso il ricor-
imperiale. Questo edificio, alto circa so a barbari federati: intere tribù sottoscrivevano con le autorità romane un contratto (foe-
30 metri, faceva uso di un sistema
di chiusura «a saracinesca». dus) in base al quale fornivano all’impero un certo numero di guerrieri in cambio di ter-
re o di somme di denaro [®27.1]. La qualità di
questo esercito era mediamente buona e la
fedeltà degli ufficiali (numerosi dei
quali barbari) molto più elevata di
quella dei loro irrequieti predecessori
del III secolo. I suoi effettivi (circa sei-
centomila uomini) erano tuttavia ina-
deguati alle dimensioni dell’impero, al-
l’enorme estensione dei suoi confini, al-
la pericolosità e all’aggressività dei ne-
mici. Ma questo era il massimo sforzo
che si potesse chiedere al mondo roma-
no: il potenziale demografico e produt-
tivo dell’impero non consentiva di più.
La difesa dell’impero si basava da sem-
pre su un principio fondamentale: gli
eserciti erano quasi tutti dislocati lungo
le frontiere o non lontano da esse, nei
fortini che costeggiavano i grandi fiumi
europei o punteggiavano tutte le altre
zone di contatto tra Romani e barbari.
L’idea guida era dunque il controllo sta-
bile e tendenzialmente completo del li-
mes, «il limite, il confine». Ma i confini ro-
mani si svolgevano lungo migliaia di chilome-
tri: come avevano dimostrato le vicende del III secolo, garantire
la loro intangibilità di fronte ad attacchi continui e imprevedibili, con-
dotti sia da grandi eserciti sia da piccole tribù, era praticamente impossi-
bile. Disperdere le legioni voleva dire infatti indebolirle.
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