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Unità 18
L’apogeo dell’impero
sta dell’Oriente o della Gallia, e il rifornimento di schiavi poteva avvenire solo con gli
scambi commerciali o con la riproduzione degli schiavi stessi. Questa manodopera dimi-
nuiva dunque per numero e aumentava parallelamente per costo.
Nuovi rapporti produttivi Gli schiavi venivano di conseguenza utilizzati in modo diver-
so. Lavoravano in condizioni meno dure che in precedenza: negli ambienti loro assegnati
presso la dimora padronale, essi avevano una loro vita familiare, affetti, un minimo di auto-
nomia. Cominciò inoltre a diffondersi la pratica di affidare a famiglie di schiavi lotti di ter-
ra: questi schiavi badavano al proprio sostentamento e consegnavano al padrone una parte
del raccolto. Questo quadro, tuttavia, non va generalizzato. Molto dipendeva anche dalla
sensibilità del padrone: non era raro il caso di schiavi maltrattati e percossi, come non era
raro il caso di padroni che non si facevano scrupolo di smembrare le famiglie schiavili.
Il latifondo Mentre il sistema della villa andava esaurendosi, si diffondevano i latifon-
di, non solo in Italia ma anche nelle province. Queste grandi e grandissime proprietà ap-
partenenti a privati o all’imperatore venivano coltivate soprattutto a cereali, oppure era-
no destinate al pascolo. Vari motivi concorrevano a rendere inevitabilmente bassa la pro-
duttività dei latifondi. I padroni, appartenenti quasi sempre ai ceti dirigenti dell’impero,
vivevano nelle città ed erano spesso tenuti lontani dalle loro proprietà da esigenze di car-
riera e di prestigio. Non avevano quindi né il tempo né il modo di controllare l’onestà e
la competenza degli intendenti cui avevano affidato la gestione delle unità produttive. Di
conseguenza, erano estremamente restii a investire somme ingenti nella valorizzazione
delle loro terre: queste ultime producevano meno di quanto avrebbero potuto, ma il li-
vello di ricchezza dei grandi proprietari era tenuto comunque alto dall’enorme estensio-
ne dei loro possedimenti.
L’espansione del latifondo avveniva spesso ai danni dei contadini poveri e dei piccoli pro-
prietari vittime delle crisi agrarie. Molti di questi contadini spossessati venivano recluta-
ti dai grandi proprietari in qualità di coloni. Essi ricevevano un lotto di terra e lo coltiva-
vano dietro versamento di un canone in natura o in denaro. Generalmente questi colti-
vatori non disponevano di riserve monetarie: così, se un raccolto andava male, essi non
riuscivano a pagare il canone pattuito. Diventavano inevitabilmente debitori del loro pa-
drone, e questo aggravava la loro condizione di dipendenza. GUIDAALLOSTUDIO
Per i padroni questo indebitamento garantiva la stabilità della manodopera. Il colono in- 1. Sottolinea sul testo i fattori che
determinarono la crescita economica
debitato tendeva infatti a restare presso il suo padrone: poteva sottrarsi alla propria con- delle province tra I e II sec. a.C.
dizione solo fuggendo senza lasciare traccia, ma era un’impresa evidentemente molto ar- 2. Come cambiò la condizione
schiavile nel I sec. d.C.?
dua. Le crescenti difficoltà nel rifornimento della manodopera schiavile e gli stessi van- 3. I latifondi erano altamente
taggi garantiti dal lavoro dei coloni assicurarono la grande diffusione del colonato, che produttivi? Perché?
sarebbe divenuto il sistema produttivo dominante negli ultimi secoli della storia romana. 4. Chi erano i coloni?
5. Le città
Nei decenni di pace coincidenti con i regni di Adriano e di Antonino Pio, l’impero ro-
mano attraversò un periodo di benessere. Parte delle risorse sottratte alla guerra fu dedi-
cata a opere civili: miglioramento e nuova costruzione di strade, ponti, acquedotti, cana-
li e porti.
Città uguale civiltà Come abbiamo detto, la grandissima maggioranza degli abitanti
dell’impero viveva nelle campagne. Ma il cuore del mondo romano era la città: la stessa
parola latina civilitas («civiltà») viene da civitas, «città». Per i Romani – come già per i
Greci – non esisteva civiltà senza città. I valori della convivenza, del governo, della poli-
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