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Modulo 5
L’impero romano
Rivolta in Sicilia In alcune occasioni la reazione degli schiavi si manifestò in grandi
sommosse che devastarono intere regioni. Restò impressa, nel ricordo dei Romani, la ter-
GUIDAALLOSTUDIO ribile rivolta schiavile, capeggiata da Euno, che sconvolse la Sicilia tra il 139 e il 132 a.C.
1. Gli schiavi che ottenevano la Nell’isola il numero degli schiavi era enorme (le fonti parlano di 200.000 rivoltosi) e il lo-
libertà erano la maggior parte? ro trattamento era quanto mai disumano. Gli schiavi rivoltosi seminarono stragi nelle
2. Quanti schiavi c’erano nell’Italia
del II secolo a.C.? campagne e nelle città e infersero numerose sconfitte alle truppe romane stanziate nell’i-
3. Come terminò la rivolta sola. Furono tuttavia sconfitti da un esercito numeroso e ben addestrato, inviato da Ro-
capeggiata da Euno?
ma al comando di Publio Rupilio.
VITA SOCIALE I liberti
E DIRITTO
a posizione sociale dello schiavo li- ® Mosaico pavimentale
Lberato – il liberto – era molto ambi- dalla sede dei «praecones»
gua. A prima vista il liberto era un cittadino [Museo della Civiltà Romana,
libero a tutti gli effetti. Ma se approfondia- Roma]
mo il discorso la realtà appare molto più I praecones erano dei liberti al
complessa. servizio dei magistrati romani.
Il loro compito consisteva nel
Anzitutto il liberto doveva al suo ex padro- notificare oralmente le
ne (il patrono) l’«ossequio» (obsequium), convocazioni dei comizi e le
esecuzioni penali, nella
vale a dire il rispetto che il figlio doveva al chiamata dei testimoni durante
padre (e sappiamo bene quanto fosse forte i processi, nell’annunciare gli
nella società romana il potere del padre): spettacoli, ecc. Più in generale
egli, quindi, non poteva citare in giudizio il venivano chiamati praecones i
suo ex padrone né nelle cause civili né in banditori di ogni genere, in
particolare quelli che si
quelle penali. Il liberto era inoltre tenuto a occupavano delle vendite
fornire annualmente al patrono un certo all’asta.
numero di giornate di lavoro: l’onere di
queste prestazioni dipendeva dall’accordo dividui era dunque in perenne oscillazione. erano una categoria omogenea dal punto di
stipulato al momento della liberazione. Erano uomini liberi, diceva la legge: ma la vista giuridico, ma non lo erano dal punto
Come i cittadini nati liberi (i Romani li in- forza e la natura del rapporto personale che di vista sociale: c’erano infatti liberti pove-
dicavano col termine «ingenui»), i liberti essi erano obbligati a intrattenere col pa- ri, benestanti, ricchi. I liberti ricchi tende-
potevano contrarre un matrimonio legitti- trono e le limitazioni politiche loro imposte vano a imitare lo stile di vita degli aristo-
mo, ma avevano bisogno del consenso del erano tali da ricordare perennemente la lo- cratici, il loro gusto, le loro abitudini. Aspi-
patrono. Nel I secolo d.C. i liberti e le li- ro precedente condizione di schiavi. ravano al prestigio e al decoro sociale. Vo-
berte potevano sposare individui nati libe- Se passiamo a esaminare la presenza dei li- levano essere ammirati e rispettati. Ma il lo-
ri, ma a una liberta non era consentito spo- berti nel mondo del lavoro, lo scenario ro era un tentativo destinato a fallire. I no-
sare un senatore o il figlio di un senatore. cambia. Qui nulla distingueva il liberto da- tabili, fossero senatori o cavalieri, non li
Come gli ingenui, i liberti potevano essere gli ingenui: nell’esercizio del loro mestiere, ammettevano alla loro tavola, non li invita-
proprietari legittimi di qualsiasi bene: case, i liberti avevano gli stessi diritti e le stesse vano nei loro salotti, evitavano di farsi ve-
terre, greggi, schiavi, ecc. Potevano vende- opportunità degli altri. Potevano praticare dere in loro compagnia.
re e comprare. Potevano inoltre trasmette- qualsiasi attività: il piccolo commercio, l’ar- La società romana era sì «aperta», ma per es-
re i loro beni ai figli per via ereditaria. Ma tigianato e tutti i lavori salariati. I più colti sere accolti ai suoi vertici la ricchezza non
varie norme, nel tempo, imposero ai liberti potevano diventare insegnanti, artisti, am- era sufficiente. Ci voleva almeno un minimo
di lasciare una parte del loro patrimonio al ministratori dei beni dei patroni. I più in- di rispettabilità familiare, un passato decen-
patrono o ai suoi discendenti. traprendenti si arricchivano nel grande te, genitori liberi: tutte cose che a un ex
Come gli ingenui, i liberti potevano votare commercio o negli affari. Alcuni riuscivano schiavo mancavano. La piena integrazione,
nelle assemblee, ma non potevano ricopri- addirittura a diventare consiglieri dell’im- però, non era impossibile: a piccoli passi,
re magistrature né accedere al senato (que- peratore, come quei potenti e odiati perso- senza bruciare le tappe, i figli, i nipoti, i di-
sti divieti non valevano tuttavia per i loro fi- naggi di cui si circondò Claudio [®17.4]. scendenti degli schiavi liberati potevano an-
gli). La condizione esistenziale di questi in- Possiamo dunque affermare che i liberti che raggiungere i più alti livelli sociali.
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