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                                                                              Gli esclusi dalla polis: gli schiavi



                        Visioni della schiavitù.Schiavi per natura
                        Gli schiavi erano assolutamente indispensabili all’esistenza della polis. Essa, infatti, poteva fun-
                        zionare solo se governata dai suoi cittadini, che dovevano dunque impiegare gran parte del loro
                        tempo nelle attività politiche e militari. Gli schiavi svolgevano quindi tutti quei lavori e quei ser-
                        vizi di cui i cittadini non avrebbero avuto modo di occuparsi.
                        Si può quindi affermare che se l’idea di uguaglianza è maturata con la nascita della polis, dare a
                        questa idea un’applicazione generale, valida per tutti, avrebbe portato alla fine della polis stessa.
                        I princìpi basilari della polis erano ideali di grande valore, ma per esistere essa doveva anche ine-
                        vitabilmente escludere (rapporto tra cittadini e individui liberi ma non-cittadini) e sfruttare (rap-
                        porto tra liberi e schiavi).
                        La cultura greca tentò in vario modo di giustificare quell’assoluto dominio dell’uomo sull’uomo
                        che si esprimeva nella schiavitù. Nel corso dei secoli, le risposte a questo difficile problema furo-
                        no molteplici, segno evidente che esse erano tutte variamente insufficienti. Il filosofo Aristotele
                        formulò una teoria per dimostrare che lo schiavo era tale per natura. La sua argomentazione si ba-
                        sava sul concetto di «ragione». La natura ha diviso gli esseri umani in varie categorie, in rappor-
                        to a una forma evoluta d’intelligenza consistente nella «capacità deliberativa», cioè nella capacità
                        di prendere decisioni.




                        DOC17
                         Aristotele, Politica, 1260 a-b      E invero il libero comanda allo schiavo in  per compiere la sua funzione. Ecco perché
                                                             modo diverso che il maschio alla femmina  chi comanda deve possedere la virtù mora-
                         Questo suggerisce senz’altro la condizione  e l’uomo al ragazzo; tutti possiedono le  le nella sua completezza (perché il suo
                         dell’anima: in essa, infatti, c’è per natura  parti dell’anima , ma le possiedono in ma-  compito è assolutamente quello dell’archi-
                                                                          1
                         una parte che comanda, un’altra che è co-  niera diversa: perché lo schiavo non pos-  tetto, e la ragione è architetto) mentre gli
                         mandata: noi diciamo che entrambe pos-  siede in tutta la sua pienezza la parte deli-  altri, ciascuno quanto gli spetta.
                         siedono una loro virtù, e cioè la virtù della  berativa, la donna la possiede ma senza au-
                         parte dotata di ragione, e della parte irra-  torità, il ragazzo infine la possiede, ma non
                         zionale.                            sviluppata.                          1. Vale a dire la parte dotata di ragione e la parte ir-
                                                                                                  razionale.
                         È evidente pertanto che lo stesso si verifica  È necessario dunque supporre che sia lo
                         per le altre cose, sicché per natura, nel mag-  stesso anche delle virtù morali e cioè ne de-  GUIDAALLALETTURA
                         gior numero dei casi, ci sono elementi che  vono partecipare tutti, non però allo stesso  1. Che cosa non possiede lo schiavo, secondo il
                         comandano e elementi che sono comandati.  modo, bensì solo quanto basta a ciascuno  filosofo Aristotele?




                        Visioni della schiavitù.Umanità schiavile
                        È evidente che ragionamenti come quello di Aristotele non potevano dimostrare l’indimostrabi-
                        le: in un modo o nell’altro, finiva sempre per riemergere la constatazione che lo schiavo era tale
                        non per natura ma a causa delle circostanze. Ogni tanto si levava qualche voce particolarmente
                        sensibile alla condizione degli schiavi, ma si trattava di voci isolate, e che per altro non si spinge-
                        vano mai fino a invocare l’abolizione della schiavitù, considerata come un male necessario. Nelle
                        tragedie di Euripide ricorrono spesso accenti di questo genere.



                        DOC18
                         Euripide, Elena, 726-733; Ione, 854-856  nel numero dei servi che han diritto  Una sola vergogna abbiamo, una parola,
                                                             d’essere detti nobili. Se il nome    «schiavo». Uno schiavo che ha un’anima
                         È un uomo tristo                    che ho non è di uno che sia nato libero,  non è inferiore in nulla a un uomo libero.
                         chi non ha in onore i suoi padroni,  la mia anima è libera. E questo
                         e non gode con loro e non partecipa  vale assai più che non due mali: avere
                         col suo stesso dolore ai loro mali.  l’animo basso e vile, e obbedire
                         Io sono un servo, e sono nato servo,  come servo del prossimo a un altro.  GUIDAALLALETTURA
                                                                                                  1. Secondo Euripide, gli uomini liberi e gli schiavi
                         ma mi auguro di essere contato                   ***                     sono per natura uguali o diversi?


                                                                                                                                179
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