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                                     Una città «senza donne»: DOSSIER
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                           n Grecia la donna libera era definita,nella sua funzione sociale,dal matrimonio,nel quale svolge un  Quale era il ruolo
                         Iruolo del tutto passivo: era data in moglie dal padre al marito in seguito a un accordo, che non ri-  della donna
                         chiedeva il suo consenso.La donna arrivava al matrimonio da bambina,in una condizione intellettua-
                                                                                                            all’interno della
                         le e psicologica ancora infantile,poiché era cresciuta tra le pareti domestiche senza ricevere un’ade-
                         guata istruzione.Inevitabilmente il marito,generalmente molto più grande,assumeva il ruolo di mae-  polis greca?
                         stro ed educatore [®DOC24].Nella dimora del padre e poi in quella del marito,le fanciulle impara-
                         vano quello che era ritenuto indispensabile alla loro formazione:cucire,filare e cucinare.
                         Il divorzio, pur consentito dalla legge, era biasimato dal costume, tanto che i mariti si opponevano
                         con forza a tali richieste [®DOC25].L’uomo invece poteva sciogliere il matrimonio in qualsiasi mo-
                         mento semplicemente ripudiando la moglie. È quanto accade a Medea, che incarna più di ogni al-
                         tra nella letteratura antica la condizione femminile: essa è tradita e ripudiata dal marito Giasone
                         [®DOC26]. Le etère erano le uniche donne che godevano di libertà e tra loro si trovavano anche
                         donne brillanti e istruite [®DOC27].
                         A Sparta la condizione della donna era diversa: educata dalla polis, il suo compito era quello di ge-
                         nerare bambini sani, destinati a diventare guerrieri coraggiosi e forti. Il loro modo di vita libero ed
                         estroverso faceva sì che le donne spartane apparissero fiere e poco disposte a farsi dominare dal-
                         l’altro sesso [®DOC28].
                         Ma, escludendo il caso limite della donna spartana, in una società come quella greca, fortemente
                         politicizzata, la donna non trovava spazio: il suo ruolo nella polis si riduceva a strumento di trasmis-
                         sione del diritto di cittadinanza attraverso la procreazione di cittadini.



                        La moglie addomesticata
                        Con il matrimonio (tra i 12 e i 15 anni) la donna entrava nell’età adulta. Il matrimonio era soprattut-
                        to un contratto, stabilito dal padre (o dal tutore) della donna e dal futuro sposo, in base soprattutto
                        a considerazioni di ordine economico e sociale. L’amore non era un elemento importante in queste
                        nozze, perché il loro scopo principale era produrre figli, soprattutto maschi e quindi futuri cittadini.
                        Cresciute nell’alveo familiare, con un’istruzione limitatissima, quando non del tutto assente, le
                        fanciulle giungevano alle soglie del matrimonio del tutto immature. Queste spose-bambine vede-
                        vano nel marito una figura rivestita di un’enorme autorità, conferitagli non solo dal suo ruolo so-
                        ciale, ma anche da una cultura e da esperienze di vita a loro del tutto ignote. Se si aggiunge che il
                        marito era spesso molto più anziano della sua sposa, è facile immaginare come egli assumesse ine-
                        vitabilmente il ruolo di un padre educatore.
                        Il marito-maestro modellava l’allieva-moglie per farne una sposa perfetta, vale a dire una sposa
                        ubbidiente, devota, onesta. Solo interpretando bene questo ruolo la sposa avrebbe ottenuto ono-
                        re e rispetto.
                        Tutto ciò è esposto con precisione e vivacità da Senofonte, in un dialogo immaginario tra il filo-
                        sofo Socrate e un personaggio di nome Iscomaco. Quest’ultimo racconta come abbia istruito la
                        sua giovane moglie, giunta al matrimonio assolutamente impreparata.



                        DOC24
                         Senofonte, Economico, 7, 4-6, 10-12; 16, 35-37, 41-42  «E che cosa avrebbe potuto mai sapere –  do arrivò, sapeva solo fare un vestito con la
                                                             disse – o Socrate, quando l’ho presa con  lana che prendeva e aveva appreso anche
                         «Anche questo, o Iscomaco – dissi – con  me? Quando arrivò da me non aveva an-  come si distribuisce alle serve il lavoro del-
                         molto piacere vorrei sapere da te: sei stato  cora quindici anni. Prima viveva sotto  la tessitura? [...]
                         tu a educare tua moglie in modo che fosse  un’assidua sorveglianza perché vedesse il  Quando ormai si lasciò educare da me e fu
                         come si deve o l’hai presa dal padre e dalla  meno possibile, ascoltasse il meno possibi-  addomesticata in modo che potesse soste-
                         madre quando già era in grado di ammini-  le, chiedesse il meno possibile. Non ti sem-  nere una discussione, le rivolsi più o meno
                         strare ciò che le compete?».        bra che ci sia già da esser contenti se, quan-  questa domanda: ‘Dimmi un po’, moglie


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