Page 76 - Storia dell'inquisizione spagnola
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sempre le cause più gravi, quelle che avevano determinato
una condanna capitale, e commutava spesso le pene di morte
in pene detentive o in condanne ai lavori forzati a vita;
arbitrava inoltre i casi di voto discorde, assai frequenti nei
processi importanti, giudicava infine i membri del Santo
Uffizio riconosciuti colpevoli di delitti, per esempio i famigli
colpevoli di omicidio.
L’influenza della Suprema sull’istituzione è sempre più
aumentata e il suo potere di controllo si è incessantemente
sviluppato. Gli archivi ce lo dimostrano. Così le relazioni di
cause sono sempre più particolareggiate: all’inizio, cioè alla
metà del secolo XVI, si limitano a poche righe; un secolo
dopo al caso più banale è riservato un riassunto di oltre una
pagina, e quando la causa presenta qualche interesse allora
le pagine che vengono mandate alla Suprema diventano
parecchie.
Nel Settecento, quando l’istituzione s’indebolisce, declina,
le iniziative partono quasi solo dalla Suprema. L’affare di
Teruel nel 1754, infine soffocato, non si scatena in seguito a
denunce, a rapporti di famigli o di commissari, e neanche su
iniziativa del tribunale di Valencia, da cui dipendeva Teruel,
ma per iniziativa personale dell’Inquisitore generale,
Francisco Perez de Prado y Cuesta, che era all’epoca,
vescovo di Teruel.
Il funzionamento del Consiglio era regolato da una
gerarchia molto rigida. Si votava secondo l’ordine di
anzianità e i più vecchi votavano per ultimi. Ben inteso, il
Consiglio era presieduto dall’Inquisitore generale. Dal 1481
al 1820 si succedono quarantacinque Inquisitori generali: la
media del mandato supera dunque di poco i sette anni e
mezzo, ma si tratta solo di una media, e cinque Inquisitori
generali durano in carica più di vent’anni, cioè Fernando de
Valdés (1546-1566), Gaspar de Quiroga (1573-1594), Diego
de Arce y Reinoso (1643-1665), Diego de Sarmiento y
Valladares (1669-1694), Felipe Beltran (1761-1783). Al
contrario, alcuni esercitano il loro mandato solo per pochi