Page 49 - Storia dell'inquisizione spagnola
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Di nuovo Ferdinando il Cattolico risponde confermando la
sua volontà e manifesta l’importanza che attribuisce
all’Inquisizione. Ricorda che l’insediamento dell’Inquisizione
non ha provocato proteste da parte delle Cortes di Tarazona
e sostiene che i fueros non possono giustificare l’eresia.
D’altro canto, il re prende tutte le misure necessarie per
assicurare l’efficacia del suo tribunale di Valencia. Nel 1484
aveva ordinato alla popolazione di fare buona accoglienza
agli inquisitori e minacciato coloro che avessero impedito
l’attività del tribunale. Nel 1484 e nel 1485, due
prammatiche successive vietano che le bolle pontificie
possano essere invocate contro l’Inquisizione. Nel novembre
1484, Ferdinando dà istruzioni al governatore di Valencia
perché si opponga alla partenza di eventuali sospetti.
Assicurato il monopolio giurisdizionale, bloccate le possibili
vittime, il re tenta di liquidare le ultime resistenze, in
particolare della Chiesa.
La situazione religiosa di Valencia in quest’epoca è infatti
molto particolare: i vescovi non vi risiedono e sono
rappresentati da un vicario generale. Indubbiamente la loro
assenza ha facilitato l’insediamento del Santo Uffizio.
Tuttavia, il vicario generale Macia Mercader, valenciano
autentico, si era violentemente opposto agli inquisitori, in
particolare a Gualbes. Il re riesce a far sostituire Macia
Mercader con un altro vicario, Marti Frigo, ovviamente
favorevole al Santo Uffizio.
Vinte tutte le resistenze, Ferdinando incaricò il priore di
Sant’Agostino e Pedro de Luna, nel gennaio 1485, di
elaborare una serie di giustificazioni teoriche per legittimare
a posteriori il colpo di mano della corona: l’Inquisizione era
ormai insediata a Valencia.
Una nuova offensiva organizzata dai conversos e sostenuta
con prudenza da Leone X fu sferrata alle Cortes di Monzón
nel 1510, cioè venticinque anni dopo. Aragonesi, catalani e
valenciani esposero insieme le loro critiche all’Inquisizione:
le Cortes chiesero allora la limitazione degli abusi commessi
dai membri del Santo Uffizio, la proibizione delle attività