Page 345 - Storia dell'inquisizione spagnola
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sodomia,  con  un  giovane  (mozo).  Negò,  fu  torturato  e

               ”vinse”.» Fu assolto e liberato.
                  «Joan de Aynas, studente, nato e abitante a Larues, nella
               “Montagna”,  fu  accusato  di  un  atto  di  sodomia  con  una
               giumenta  (sic).  Negò,  fu  torturato  e  “vinse”.»  Il  sospetto
               rimase ed egli fu condannato a vivere appartato per un anno
               nell’università di Huesca compiendo penitenze spirituali.
                  «Bernard de Zuba, pergamenaio, abitante a Saragozza, fu

               accusato da un testimone di aver commesso la sodomia col
               suo  domestico  Miguel  Barbaran.  Essi  negarono,  si  difesero
               bene e ricusarono i testimoni. Furono assolti e liberati.»
                  In  quest’ultimo  caso  l’Inquisizione  non  ha  ritenuto
               necessaria  la  tortura  perché  ha  potuto  confrontare  le
               dichiarazioni  rese  separatamente  e  segretamente  dai  due

               accusati, come era la prassi.
                  Sarebbe  inutile  continuare  con  gli  esempi.  In  tutti  i  casi
               simili,  gli  accusati  se  la  sono  cavata  con  qualche  giorno  o
               qualche  settimana  di  detenzione,  con  un  po’  di  paura,
               qualche  sofferenza  fisica,  e,  al  massimo,  con  un  anno  di
               bando dalla città o di reclusione.
                  D’altra  parte,  c’erano  due  categorie  di  accusati  con  cui

               l’Inquisizione dava prova di una relativa indulgenza. Innanzi
               tutto  coloro  che,  secondo  le  relazioni  redatte  dallo  stesso
               tribunale, andavano spontaneamente a confessarsi senza che
               fosse stato iniziato contro di loro alcun processo istruttorio
               e,  naturalmente,  senza  essere  stati  convocati.  Non  sono
               molto  numerosi,  poiché  ne  contiamo  solo  cinque  sui  155

               giudicati a Saragozza, ai quali bisogna aggiungere la coppia
               di sodomiti «imperfetti», che si autodenunciò a Valencia nel
               1817. In tale situazione l’Inquisizione mantiene il segreto e
               due delle persone in causa non sono menzionate.
                  Salvo  un’eccezione  queste  persone  sono  condannate
               solamente a penitenze spirituali e pecuniarie, anche quando
               si accusano di colpe molto gravi, come quell’anonimo che ha

               commesso  quattro  atti  di  bestialità  e  che  viene  solo
               ammonito molto fermamente. L’eccezione sorprende un po’,
               tenuto  conto  delle  informazioni  che  possiamo  trarre  dalle
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