Page 343 - Storia dell'inquisizione spagnola
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sulla strada, o nella penombra delle stalle.
Castigo dell’abominevole
La giustizia civile dell’epoca doveva punire con la morte gli
atti di sodomia o di bestialità. Nel caso della sodomia, la
prammatica del 1497 lasciava tuttavia sussistere un dubbio:
la pena di morte doveva essere comminata a chiunque
commetteva l’atto di sodomia. L’interpretazione più
favorevole agli accusati era che la pena colpiva gli atti
effettivamente consumati. In compenso, la prammatica era
spietata nel caso di bestialità poiché veniva chiaramente
precisato che il tentativo doveva essere punito come l’atto
consumato.
Ma, l’estrema cura della procedura inquisitoriale, condotta
con un rigore quasi scientifico, mette in luce la grande
varietà dei casi. Questo può spiegare l’inaspettata varietà
delle pene e la loro notevole disuguaglianza: dalla
reprimenda alla morte applicata dal braccio secolare al
quale il condannato viene preventivamente consegnato.
L’unica riserva importante che noi avanziamo sul carattere
scientifico dei metodi inquisitoriali, è relativa al posto
assegnato alla tortura e al comportamento degli accusati
sottoposti ad essa. Le relazioni di cause di Saragozza, fanno
riferimento, almeno una ventina di volte fra il 1540 e il 1579,
alle reazioni degli accusati torturati, ma è quasi certo che il
numero degli accusati torturati è stato sensibilmente più
alto. Sodomia e bestialità dipendono spesso dal potro o dalla
toca, soprattutto dal potro. Ma come è già stato precisato, e
come avevano osservato prima di noi molti altri autori, quali
Lea, Kamen, Tomás y Valiente, l’Inquisizione usava la tortura
con molta prudenza e, nei casi che abbiamo esaminato, non
arrivava mai fino al limite della resistenza fisica degli
sventurati pazienti.
Tuttavia, gli inquisitori erano impressionati da coloro che
superavano la sofferenza fisica. Infatti, nella maggior parte