Page 350 - Storia dell'inquisizione spagnola
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fossero esaminate nel 1736, 1748 e nel 1775.

                  Ma  chi  erano  i  condannati  a  morte?  Non  sembra  che  la
               condizione  sociale  o  lo  stato  abbia  influenzato  i  giudici  al
               momento  di  stilare  le  sentenze.  Certo,  nessuno  dei  cinque
               nobili che abbiamo incontrato è finito sul rogo, ma nessuno
               di  essi  era  incriminato  per  bestialità,  delitto  considerato  il
               più  esecrabile;  ignoriamo  la  sorte  del  figlio  del  duca  di
               Gandia  e  abbiamo  visto  che  il  caso  di  Jesualdo  de  Felices

               rientrava  nel  1748,  in  un’epoca  in  cui  la  pena  suprema  in
               cause del genere è divenuta estremamente rara. Inoltre, don
               Luís de Guzman: ha avuto un bell’essere condannato al rogo
               dal Santo Uffizio nel 1574. La Suprema ha commutato la sua
               pena nella galera a vita per i motivi che sappiamo. Un altro
               nobile,  don  Pedro  de  Zuñiga,  è  stato  condannato  a  cinque

               anni  di  galera,  e  il  cavaliere  senese,  Giulio  Piccolomini,  a
               quattro anni della stessa pena. I nobili non hanno goduto di
               alcun trattamento di favore, al contrario.
                  Non più dei religiosi, di cui tre (su dieci, una proporzione
               molto alta) sono stati affidati al braccio secolare per essere
               messi  al  rogo:  il  prete  di  Maella,  don  Salvador  Vidal
               «sodomita qualificato», nel 1541; il trinitario valenciano, fra

               Michel de Moralés, accusato in numerose occasioni, il quale
               ha  aggravato  il  suo  caso  con  un  tentativo  di  suicidio  nel
               1574;  e  l’ex  domenicano  francese,  Bernat  de  Alaguédes,
               sempre  nel  1574.  Tutti  erano  recidivi.  Effettivamente,  la
               maggior parte dei sodomiti condannati a morte sono uomini
               che  hanno  commesso  il  peccato  varie  volte  e  che  ne

               ricercano  le  occasioni:  come  il  toledano  Alonso  de  Ribera
               (nel 1559); l’aragonese Pedro de la Sierra; il capocuoco Luís
               de  Herrera  proveniente  da  Granada;  il  «turco»  di  Tetuan,
               Antonio Navarro; il bearnese di Arzacq, Jean de Pechaves; lo
               schiavo valenciano, Hassan Danadolia... Tutti costoro hanno
               confessato numerosi atti di sodomia: uno dei condannati del
               1579,  per  esempio,  ne  confessa  nove.  Al  contrario  non

               abbiamo trovato  alcun  caso  in  cui  un  solo  atto  di  sodomia,
               anche consumato, sia stato punito con la morte.
                  È  ben  diverso  il  caso  della  bestialità.  Molte  delle  vittime
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