Page 335 - Storia dell'inquisizione spagnola
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esercitava il mestiere di cappellaio e che fu condannato a
morte come il curato di Maella, don Salvador Vidal. È vero
che il dubbio sussiste per tre dei dieci casi esaminati, in
mezzo ai quali distinguiamo un canonico di Huesca e un
religioso cistercense fra molti altri curati.
All’estremo opposto della scala, alcuni emarginati
vagabondi: due mendicanti, un pellegrino, un soldato, un
venditore ambulante; e qualche giovane, celibe o
adolescente (mozos, mancebos, muchachos ) di cui mancano
notizie.
I processi valenciani confermano questi dati tranne
qualche sfumatura. Fra i dieci uomini perseguiti per
bestialità figurano tre rurali: pastore, contadino, guardia
campestre. Ma Valencia è una città portuale e nella società
valenciana ci sono stati a lungo numerosi schiavi: un
marinaio francese e tre schiavi compaiono fra gli accusati.
Logico.
Ma sempre a Valencia, i sodomiti compongono una
categoria infinitamente più discordante: ritroviamo,
certamente, schiavi e marinai e anche un soldato napoletano
di leva; ma anche un gran signore, don Luίs Pérez Garceran
de Borja, figlio legittimo del duca di Gandía, il cui processo
fu celebrato nel 1575; un gentiluomo, don Jesualdo de
Felices, già ricordato. E soprattutto parecchi ecclesiastici:
un prete che si divertiva con un ragazzino di 12 o 13 anni; un
trinitario di Alcira che si faceva sodomizzare nella sua cella
dai suoi ospiti, tutti secolari, e soprattutto molti religiosi del
convento della Mercede di Valencia, divenuto evidentemente
un rifugio di sodomiti sotto l’influenza di fra Manuel Sanchez
di Castellar, brillante dottore in teologia e dialettico sottile,
che riesce a salvarsi malgrado la gravità delle accuse mosse
contro di lui.
Bisogna osservare, in compenso, che nella rete del
tribunale di Saragozza sono caduti pochi moriscos. Solo una
decina di Nuovi Cristiani sono stati accusati di peccato
abominevole: e inoltre due di loro sono riusciti a discolparsi.
Questa cifra indica quindi una proporzione doppiamente