Page 280 - Storia dell'inquisizione spagnola
P. 280
1490 ha bruciato un gran numero di Bibbie ebraiche, poco
dopo a Salamanca più di 600 opere sulla stregoneria e il
giudaismo. Cisneros organizza a Granada un autodafé di
manoscritti arabi. Tuttavia questi roghi non sono sistematici.
La ristampa Valenciana del Repertorioum inquisitorum
pravitatis hereticae del 1494 è più che discreta su questo
argomento e la prima legge spagnola sulla stampa e sulla
sua diffusione (1502) non accenna al Santo Uffizio. Gli unici
competenti sono i giudici delle Cancellerie reali, gli
arcivescovi e i vescovi. In pratica, l’Inquisizione non si
occupa di questo argomento che indirettamente, come un
sottoprodotto della repressione di quella particolare forma di
eresia che in quel momento la preoccupa. Abbiamo visto le
misure prese dopo il 1521 contro i libri luterani e la loro
diffusione in Spagna. Ma abbiamo anche visto come fino al
1540 queste misure siano limitate.
Sembra tuttavia che proprio la minaccia luterana abbia
assegnato al libro il ruolo predominante che fini per
occupare nell’attività del tribunale. Contro i luterani, infatti,
vengono messi in atto i primi specifici strumenti di controllo
della produzione universitaria; contro di loro, vengono
redatte nel 1540, le prime liste di opere condannate,
semplici riepiloghi ad uso strettamente interno del tribunale.
È negli anni 1550-1560, quando la lotta si scatena contro di
loro, che il libro diventa una preoccupazione determinante.
Indichiamo le tappe principali. Nel 1550, probabilmente per
la prima volta, viene tradotto e diffuso un Indice, quello di
Lovanio. Apre la lista Carlostadio, l’amico di Lutero, la
chiude Zwingli. In appendice un Catalogo dei libri
anteriormente condannati dal Santo Uffizio, esclusivamente
spagnolo e alquanto confuso, in cui Lutero è accomunato a
«tutti i Corani in arabo o in qualsiasi altra lingua, che
contengano gli errori di Maometto», «tutte le Bibbie in
lingua volgare» e un Gamaliel, anonimo «libro stampato in
lingua romanza, in cui viene proibito di consigliare ad alcuno
di sposarsi, di farsi prete né di entrare negli ordini religiosi,
affinché ciascuno faccia liberamente la propria scelta». La