Page 243 - Storia dell'inquisizione spagnola
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l’Inquisizione è sempre vigile.

                  Così,  quando  si  arresta  Benito  Ferrer,  la  macchina,
               implacabile,  si  mette  in  moto.  Personaggio  strano  questo
               Benito  Ferrer.  Nativo  di  Campodron,  in  Catalogna,  ha
               tentato  di  entrare  nell’ordine  carmelitano,  poi  in  quello
               francescano e ambedue le volte è stato cacciato dal convento
               prima della fine del noviziato. Dopo molte peripezie, capita a
               Madrid,  alla  Corte,  come  molti  altri  avventurieri.  Vive

               facendosi passare per prete, benché non sia stato ordinato.
               Viene arrestato dalla magistratura ecclesiastica. Un giorno,
               mentre  in  carcere  ascolta  la  messa,  si  precipita  all’altare,
               strappa  l’ostia  consacrata  dalle  mani  del  sacerdote  e  la
               calpesta          rabbiosamente              sotto       i    piedi        chiamandola
               «demonio». Lo scandalo è enorme: Ferrer ha calpestato Dio

               stesso.  Lo  si  trasferisce  al  Santo  Uffizio.  L’Inquisitore
               generale segue personalmente la causa. L’accusato si ostina
               e  rifiuta  di  ritrattare.  Una  perizia  medica  accerta  la  sua
               sanità mentale. La condanna è durissima: il rogo.
                  Avrebbe dovuto essere arso a Toledo, poiché non era stato
               ancora  istituito  il  tribunale  inquisitoriale  di  Madrid,  e  a
               Toledo era stato processato. Ma «essendo stato così pubblico

               e  così  atroce  il  delitto  commesso  da  questo  sacrilego
               chiamato Benito Ferrer [...] ed essendosi verificato in questa
               Corte, si è ritenuto necessario che anche il castigo vi avesse
               luogo,  con  solennità,  affinché  lo  si  sappia  ovunque».  La
               decisione  è  dell’Inquisitore  generale  in  persona.  Si
               organizzerà inoltre un autodafé sulla Plaza Mayor per questo

               unico  condannato,  cosa  eccezionale,  «allo  scopo  di  dare
               maggiore pubblicità al suo castigo».
                  Sabato  20  gennaio  1624,  vigilia  dell’esecuzione,  il  Santo
               Uffizio esce in processione, stendardo con la croce verde in
               testa,  scortato  dai  soldati,  per  annunciare  la  cerimonia.
               L’indomani, per tutta la mattinata, si dicono delle messe ai
               piedi  del  patibolo  «per  la  conversione  dell’accusato,

               l’estirpazione  dell’eresia  e  l’esaltazione  della  nostra  Santa
               Fede  cattolica».  Più  di  40.000  persone  si  inginocchiano
               all’elevazione,  «che  provocò  un’ondata  di  devozione».  Il
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