Page 247 - Storia dell'inquisizione spagnola
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si  purgano  nell’altro.  María  de  Guiniz  è  la  moglie  di  un

               marinaio.  Uno  dei  suoi  cognati  è  morto  in  mare,  ucciso  da
               corsari ugonotti, mentre portava armi ai mori di Barberia, su
               una  nave  francese,  ma  cattolica.  Le  lingue  sono  molte
               lunghe,  specialmente                   quelle       delle       donne:        è     morto
               scomunicato,  sostengono  alcune.  Il  Giovedì  Santo  non  si
               scomunicano  forse  quelli  che  vendono  armi  ai  musulmani?
               María sostiene la propria causa: non è peccato vendere armi

               ai  mori,  bisogna  pur  vivere;  se  il  papa  lo  proibisce,  non
               bisogna ubbidirgli. D’altronde i mori rispettano la loro Bibbia
               e valgono molto di più di tanti cattivi cristiani. Per tutti, le
               penitenze sono leggere: abiura de levi nell’aula del tribunale,
               ammende e molti non luogo a procedere .
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                  Nicolas de Selve è orefice. Nel 1608 ha 24 anni e abita a

               Siviglia.  Ex  studente  di  retorica  compone  sonetti  in  lode
               della  croce.  Ma  la  critica  è  cattiva.  Egli  usa  espressioni
               sconvenienti, sostenendo  che  san  Gerolamo  avrebbe  scritto
               in una lettera che Dio non aveva figli, che il Cristo non era
               stato generato. All’udienza egli ammette i fatti, ma afferma
               di  aver  sempre  creduto  che  Gesù  Cristo  si  fosse  incarnato
               nel  seno  verginale  di  Maria  e  che  fosse  il  figlio  di  Dio.

               Quando  sosteneva  il  contrario  era  perché  il  Diavolo  si
               prendeva  gioco  di  lui.  Fu  condannato  all’abiura  de  levi
               nell’aula del tribunale e al bando per sei mesi da Siviglia .
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                  Una grande varietà dunque. Roba da poco per la maggior
               parte,  dei  lapsus,  il  frutto  di  una  collera  o  di  una  crassa
               ignoranza del dogma; dei proverbi talvolta, come quel «tutto
               mi  riesce  in  questo  mondo,  tutto  mi  riuscirà  nell’altro»,  di
               cui  si  contano  decine  di  esempi  nella  prima  metà  del
               Cinquecento.  Gli  inquisitori  hanno  avuto  un  bel  daffare  a
               mettere  ordine  in  questa  confusione.  Commissioni  di

               qualificatori non la finiscono più di discutere se tale parola
               infelice è solo erronea, o scandalosa, o eretica, se merita la
               qualifica  di  proposizione.  Ma  sempre  l’Inquisizione  è
               presente,  scegliendo,  filtrando  tutto  ciò  che  può  sembrare
               eresia,  eliminando  molte  cose  come  inoffensive,  ritirando
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