Page 210 - Storia dell'inquisizione spagnola
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la fama di Catalina de jesús, la quale si paragonava a Teresa
di Ávila, ritenendosi designata da Dio come riformatrice di
una specie di terzo ordine, quello dei chierici secolari dei
due sessi.
Simili obiettivi rappresentano un pericolo tanto più
manifesto in quanto perseguiti da membri della Chiesa. Essi
sono indizio di aspirazioni a una vita religiosa svincolata
dall’autorità dell’istituzione, definita dall’Inquisizione eresia
illuminista.
Non tutte le beate sono legate in questo modo alla Chiesa.
L’ilusa Juana Bautista, molto attaccata al suo stato di beata-
damigella, è legata a Dio dalla sua sola volontà; ma lo è tanto
per il suo modo di vivere quanto per il suo stato. Juana
Bautista vive en la compañía di Luís Gomez e di sua moglie,
rispettivamente di 50 e di 60 anni; e ugualmente in sodalizio
con Michaella Tribiño, vedova di 60 anni e terziaria
francescana. Frequenta assiduamente due beate di 60 anni
che convivono e sono cugine.
Tutte le beate che testimoniano nella sua causa sono
donne anziane, sole e povere, quindi disponibili per pregare,
frequentare le chiese, dove fanno conoscenza, e aiutare i
malati poveri come fa la nostra devota. Preghiera,
assistenza, frequenza assidua delle chiese, la loro devozione
è quantitativamente più palese di quella dei comuni mortali.
Questa devozione così intensa, unita alla loro grande
povertà, sembra stimolare taluni laici a ricercare la loro
compagnia; come se il loro fervore fosse il segno manifesto
di una verità nascosta da esse posseduta? O forse trovavano
nella loro povertà un’occasione per assolvere anch’essi un
compito di assistenza allo scopo di guadagnarsi il paradiso
aiutando delle donne «favorite» da Dio? Probabilmente i due
motivi coincidono.
La vita spirituale di Juana è interamente concentrata nella
orazione mentale, benché in questa materia essa non sia
orientata da nessuno: «Non ha mai avuto confessori famosi e
con nessuno di essi ha parlato di cose spirituali». Lei stessa
spiega questo rifiuto: «Ha cambiato tanti confessori perché