Page 209 - Storia dell'inquisizione spagnola
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che  si  costituisce  questo  movimento,  per  l’incalzare  delle

               necessità  e  per  un’offerta  di  devozione  e  di  spirito  di
               sacrificio di coloro che in Francia si chiameranno sorelle e in
               Spagna beatas.
                  Un  caso  come  quello  di  Catalina  de  Jesús  illustra  a
               meraviglia  il  pericolo  previsto.  Questa  beata  carmelitana  è
               processata  due  volte  dal  tribunale  di  Siviglia.  Nel  1612
               riesce  a  discolparsi  dall’accusa  di  eresia,  ricusando  il

               testimone  principale,  Joana  de  la  Cruz,  condannata  nello
               stesso anno dal Santo Uffizio. La sua causa viene sospesa e
               riaperta  dieci  anni  dopo  dallo  stesso  tribunale  di  Siviglia,
               ossessionato  dall’illuminismo  che  imperversa  allo  stato
               endemico in questa regione. Catalina è al culmine della sua
               popolarità che non è stata intaccata dal processo del 1612.

               Celebrità  accuratamente  alimentata  da  un  carmelitano
               scalzo,  fra  Jean  de  Villepando,  una  specie  di  «impresario»
               della beata, ugualmente processato dall’Inquisizione.
                  Secondo  Menéndez  Pelayo:  «La  beata  Catalina  era
               considerata dai suoi sostenitori una guida spirituale e aveva
               numerosi figli mistici laici e religiosi, che la veneravano, la
               festeggiavano  e  l’accompagnavano  di  continuo.  Essa

               conversava con loro, dava loro delle lezioni, cercava loro dei
               confessori e li consigliava negli affari spirituali e temporali».
                  Molti  di  questi  devoti  hanno  sicuramente  desiderato  di
               intrattenere,  con  la  santa  di  Ávila,  o  con  le  altre  religiose
               ispirate, questo legame spirituale che la clausura impediva.
                  Ma  c’è  qualcosa  di  più  grave  secondo  noi.  Dalla  sua

               incondizionata ammirazione per la beata, il carmelitano trae
               una  convinzione,  a  favore  della  quale  si  batte  presso  le
               giovani che l’hanno scelto come confessore: lo stato di beata
               è  preferibile  allo  stato  coniugale  e  al  vincolo  monastico.
               Opinione sostenuta dai primi illuminati del XVI secolo in un
               ben  diverso  contesto,  quello  di  una  critica  generalizzata
               degli ordini religiosi. Il suo attivo intervento in questo senso,

               presso altre ragazze della città, non era sempre gradito alle
               famiglie che gli avevano affidato la cura delle giovani anime.
                  Così vediamo proliferare a Siviglia le beate che diffondono
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