Page 204 - Storia dell'inquisizione spagnola
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colpi di frusta e al carcere a vita.

                  La  durezza  di  queste  pene  dimostra,  se  ce  ne  fosse
               bisogno,  la  sconfitta  dell’Inquisizione  di  fronte  a  una
               superstizione persistente. Nel secolo precedente, essa dava
               prova, in questo campo, di maggiore acutezza, ma anche di
               maggiore cautela nel qualificare delitto l’ilusión demoniaca e
               nel bollare d’infamia la beata ilusa.





                    Le «beatas»: disobbedienza e contestazione

                  La  frequenza  delle  cause  riguardanti  le  beate  è
               impressionante,  come  se  uno  stato  particolare  favorisse  in
               costoro l’errore.

                  Se  è  vero  che  su  di  esse  pesa  un  sospetto,  bisognerà
               scoprire  il  perché;  ma  innanzitutto  si  dovrà,  attraverso  le
               loro  cause,  esaminare  più  da  vicino  questo  fenomeno
               tipicamente  spagnolo  per  il  quale  oggi  disponiamo  di  una
               fonte di importanza capitale: gli archivi inquisitoriali.

                  Il  fenomeno  rappresentato  dalle  beate  ha  fatto  scorrere
               più inchiostro nel XVII secolo che ai nostri giorni. Ascoltiamo
               Quevedo, in uno scritto polemico: Su  Espada  pro  Santiago.
               «Si  chiamano  beatas  quelle  donne  disilluse  votate  alla
               spiritualità e alla preghiera che si consacrano alla milizia di
               qualcuno  dei  loro  santi  fondatori  come  quelle  di  san
               Francesco,  di  san  Domenico  e  di  sant’Agostino».  Lo  stesso

               autore le vede anche come dei Tartufi in gonnella:



                       en figura de Beata                    sotto forma di Beata


                       justificada de ojos                   dagli occhi innocenti


                       y delincuente de faldas               ma dalla sottana facile




                  Intorno  al  1630,  un  frate  le  apostrofava  dal  pulpito:

               «Numerosi sono questi serpenti i quali, più per ozio che per
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