Page 202 - Storia dell'inquisizione spagnola
P. 202
carisma dell’accusata e alla sua popolarità presso una
moltitudine avida di meraviglioso e di sensazionale.
Nel 1622, gli inaccessibili modelli di santità del secolo
passato, Teresa di Ávila e Ignazio di Loyola, vengono
canonizzati con grande pompa, pastura gettata a un popolo
di piccoli devoti che della loro santità ricordano solo il
prodigio.
La severità della pena non va giudicata solo in funzione
della punizione corporale; essa mira soprattutto a screditare
la condannata, quali che siano i mezzi, a isolarla e a
marchiarla d’infamia.
Così, alla metà del Seicento la beata vagabonda Ana de
Abella, che scandalizza l’opinione pubblica comunicandosi
diverse volte al giorno contro il parere dei suoi confessori,
verrà rinchiusa come pazza nell’ospedale di Balsamo,
malgrado la spietata arringa del fiscale che richiede la sua
consegna al braccio secolare. L’internamento di questa
donna, che non parla con nessuno, si rivela un castigo
identico a quello di Isabel de la Cruz, guida spirituale,
celebre e rispettata, per cui essa comparirà all’autodafé nel
1529 dove sarà frustata e condannata al carcere a vita.
Nell’insieme, queste pene sono severe: la comparsa
all’autodafé, imbavagliata e rivestita del sanbenito dei
penitenti e l’abiura de levi, sono le pene più frequenti.
Alcune sono condannate al carcere a vita, all’internamento
per qualche anno o al bando dalla loro città. Altre alla
fustigazione, come quella María de la Concepción detta la
Hermana María, celebre visionaria processata a Madrid nel
1621.
Nel Settecento, da severa l’Inquisizione diventa spietata.
María de los Dolores Lopez, detta la beata Dolores, è – per
quanto ne sappiamo – l’unica ilusa condannata a morte ed
effettivamente bruciata. Perseguitata dal tribunale di
Siviglia, giudicata il 24 agosto 1781, al termine di un
processo durato due anni, nessuna pressione riesce a
vincere l’ostinazione della beata. Essa sostiene di essere
dotata, fin dall’infanzia, di doni spirituali grazie ai quali le è