Page 201 - Storia dell'inquisizione spagnola
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Lo      stesso        accade         per      il    dogma         cattolico        della

               transustanziazione:  insistendo,  con  gli  eccessi  che  ben  si
               conoscono,  sulla  presenza  reale,  esso  perde  sempre  più  il
               suo  valore  simbolico  per  diventare  credenza  e,  al  limite,
               superstizione. Beate e testimoni si tormentano per sapere se
               è  proprio  Cristo  in  carne  e  ossa  che  è  lì  presente.  Ana  de
               Abella  vede  «il  sangue  e  il  corpo  di  Cristo  quando  il  prete
               eleva  l’ostia  consacrata».  Per  tutte  queste  donne  la

               consacrazione è il momento privilegiato delle visioni e delle
               rivelazioni attese dai presenti sbigottiti. Anche il sacramento
               dell’Eucaristia, destinato a fortificare e a produrre la grazia,
               aiuto  per  raggiungere  la  salvezza,  le  induce  a  porsi  la
               domanda: «Se si consumano più ostie, si riceve più grazia?»
               Cosa  di  cui  sembrano  convinte,  facendo  disperare  i  loro

               confessori.
                  Bisogna infatti ricordare che lungi dal destare scandalo, le
               loro  eresie  e  i  loro  «errori»  sono  motivo  di  rispetto  e  di
               notorietà.  Ad  esse  gli  inquieti  chiedono  consigli  per  la
               salvezza eterna, ad esse si chiede di rivelare ai vivi lo stato
               delle  anime  dei  defunti.  Le  beate  si  valgono  per  questo
               dell’esempio  di  Teresa  d’Avila,  la  cattolicissima  visionaria

               che  serve  ad  avallare  credenze  che  lo  sono  molto  meno.
               Perché  in  queste  credenze,  i  morti,  investiti  della  parola,
               tornano tutti come i fantasmi a lamentarsi dei vivi.
                  Sempre alle beate viene chiesto di aiutare i malati a morire
               bene. Privilegiate da Dio, esse sono ascoltate dall’Altissimo,
               e chi potrebbe meglio di loro intercedere presso di lui? Per

               questo, compiono funzioni religiose che il clero non sempre
               può assolvere.
                  Due  parametri  danno  la  misura  del  rigore  della  sentenza
               inquisitoriale: la celebrità dell’accusata e l’obbedienza al suo
               confessore.  Poiché  castiga  per  dare  l’esempio,  il  Santo
               Uffizio ha il dovere di intervenire ovunque la parola di una
               ilusa  coincida  con  queste  credenze  popolari,  che  i  più

               illuminati  fra  gli  inquisitori  vedono  nascere  non  senza
               inquietudine e sommergere già la bella fede spagnola.
                  La severità della pena sarà dunque strettamente legata al
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