Page 196 - Storia dell'inquisizione spagnola
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l’abbandona mai.
La sua causa viene sospesa, sia perché il Santo Uffizio non
riesce a individuare l’errore nelle sue parole, sia perché essa
gode di alte protezioni.
È stato scritto che la Spagna conobbe nel Cinquecento una
vita religiosa senza uguali. Tutti parteciparono allora a un
intenso giubilo nell’esaltazione della divinità, senza che fosse
possibile distinguere l’ostentazione dalla vera fede.
Tuttavia, nella seconda metà del secolo, l’Inquisizione
frena questo movimento incontrollabile. Un esempio: dopo la
pubblicazione dell’Indice del 1559, la letteratura ascetico-
mistica, fiorente all’avvento di Filippo II, scompare. E nel
1601 un domenicano, fra Alonso Girón, chiede che sia
proibita la stampa in castigliano di tutte le opere di questo
genere.
Secondo l’esempio della riforma carmelitana, «rifugio per
l’orazione mentale minacciata», la fede viva si chiude nei
chiostri.
Bisognerà ricordare le persecuzioni di cui furono vittime
Teresa di Ávila, Jean de la Croix, Ignazio di Loyola, Luís de
León e tanti altri. Insomma, tutti coloro che parteciparono in
qualche modo alla Controriforma cattolica in Spagna furono
tenuti d’occhio e le loro opere, giudicate equivoche, non
furono pubblicate che dopo la loro morte.
La meditazione sui testi, privata di opere essenziali in
castigliano, resta compito di sacerdoti e di confessori,
consiglieri e mediatori ormai indispensabili.
Ma ciò che caratterizza le ilusas di cui abbiamo esaminato
le cause, è proprio la resistenza che esse oppongono
all’obbligo del ritiro in comunità.
Esse aspirano alla santità nel secolo. Sono le siervas de
Dios in laicità.
La beata madrilena, doña Geronima de Noriega, di cui
l’Inquisizione sospende la causa nel 1628, accusata tuttavia
in quanto «bestemmiatrice, eretica, seguace degli errori
degli alumbrados, mistificatrice, vittima di ilusión diabolica,