Page 182 - Storia dell'inquisizione spagnola
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Nel gennaio del 1526, i capi moriscos ottennero dal
sovrano e dal Grande Inquisitore Manrique una Concordia,
cioè un accordo segreto più favorevole per loro: l’accordo
proibiva, fra l’altro, all’Inquisizione di procedere contro le
loro persone e i loro beni per un periodo di quarant’anni;
essi potevano portare abiti diversi da quelli dei cristiani e
parlare la loro lingua per dieci anni. Ma dovevano consentire
a farsi battezzare. Questo accordo fu reso pubblico nel 1528
e non sembrò soddisfare la grande massa dei moriscos, tanto
che scoppiarono delle rivolte nella provincia con epicentro
nella Sierra di Espadan.
D’altra parte, a dispetto di questo accordo e delle bolle
pontificie emesse fra il 1530 e il 1532 che davano
all’Inquisitore generale la facoltà di assolvere tutti i moriscos
pentiti, il Santo Uffizio non rallentava la sua attività a danno
dei Nuovi Cristiani: la maggior parte delle 441 persone
giudicate per eresia a Valencia fra il 1532 e il 1540 erano
moriscos.
Il problema religioso era innanzi tutto un problema politico
che denunciava una flagrante contraddizione. Infatti, i
proprietari terrieri non volevano che la conversione dei
moriscos implicasse anche un cambiamento del loro status di
dipendenza servile. I moriscos, da parte loro, rifiutavano di
«vivere come dei cristiani e di pagare come dei mori ». Il re
non prendeva provvedimenti per obbligare i feudatari a
trattare i moriscos come uomini liberi, mentre l’Inquisizione
si disinteressava di questo aspetto del problema e voleva
occuparsi solo dell’apostasia dei mori.
In Aragona dove come a Valencia regnava Ferdinando,
all’inizio i moriscos non subirono alcuna pressione per
convertirsi perché erano protetti dalla potente nobiltà,
terriera e dall’autorità delle Cortes. Essi costituivano
un’apprezzata manodopera, tanto che si usava dire «tanti più
mori, tanti più guadagni», e si raccomandava continuamente
agli inquisitori di lasciarli tranquilli. Nel 1510 alle Cortes di
Monzón fu raggiunto un compromesso: i mori d’Aragona e