Page 186 - Storia dell'inquisizione spagnola
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Infatti, sbarcati nei primi mesi del 1610, sulla costa africana,
nei pressi di Tetuan, essi avrebbero ricostituito la loro
comunità e fondato a Salé, nel Marocco, una repubblica
indipendente dal sultano, basata evidentemente sugli stessi
principi che li avevano guidati in Spagna, giacché formarono
una temibile repubblica corsara.
Sappiamo da fonte sicura che la loro espulsione è stata
decretata in anticipo su quella di altre località della stessa
regione, e in quell’occasione il curato di Hornachos dichiarò:
«In seguito il Consiglio ha considerato che queste persone
meritano un castigo più severo degli altri per le atrocità da
loro commesse. Non è bene che in questa città ne resti
anche uno solo perché sono esseri molto pericolosi e danno il
cattivo esempio».
L’espulsione
Fra i rimproveri mossi dai moriscos all’Inquisizione,
ritroviamo spesso l’accusa di rapacità. Si comprendono
allora meglio le parole di Isabel de Linan che esortava i suoi
compagni di carcere a negare di essere musulmani se non
volevano perdere tutti i loro averi. Infatti, chi era accusato di
maomettismo veniva generalmente punito con la scomunica,
a volte provvisoria, ma la confisca dei beni era sempre
definitiva. Quando un sospetto veniva arrestato i suoi beni
erano posti subito sotto sequestro. L’alguacil prelevava
inoltre 20 ducati per il mantenimento del prigioniero, e se
non era possibile racimolare tale somma si procedeva alla
vendita all’incanto di parte dei suoi beni, fino a coprire
questa cifra. L’Inquisizione si riservava una percentuale sui
beni confiscati e non sappiamo a quanto essa ammontasse,
forse al 10%. Come abbiamo visto, a Granada la percentuale
era più alta.
Nel 1534 il re chiese agli inquisitori valenciani di non
sequestrare i beni dei moriscos perseguiti per eresia e
apostasia e quelli degli alfaquis e dei recidivi. Le pene