Page 188 - Storia dell'inquisizione spagnola
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mezzo  per  difendersi  contro  il  Santo  Uffizio.  Un  testo  del

               1504,  risposta  di  un  mufti  di  Orano  ai  mori  di  Granada,
               enumera  le  precauzioni  che  essi  dovevano  prendere  per
               continuare  a  praticare  la  loro  religione  in  Spagna.  Esso
               affermava anche la necessità di fingere per sopravvivere.
                  L’Inquisizione  accusò  volentieri  i  moriscos  di  ipocrisia,
               accusa questa per lo meno curiosa quando si sa che ad essi
               non  era  stata  lasciata  altra  scelta.  Di  fronte  alla  paura,  i

               moriscos  avevano  reazioni  diverse:  a  volte  minacciavano  o
               tentavano           di      corrompere             coloro        che       intendevano
               testimoniare contro di loro; in altri casi facevano essi stessi
               delle       rivelazioni         sui     loro      correligionari           per      essere
               risparmiati;  ma  il  più  delle  volte,  prevaleva  la  solidarietà;
               coloro che erano liberi invocavano Allah perché aiutasse gli

               infelici prigionieri dell’Inquisizione. I moriscos accusavano il
               Santo  Uffizio  di  volere  la  loro  dannazione  costringendoli  a
               rinnegare  l’Islam  e  a  commettere  i  peggiori  orrori  per
               soffocare ogni traccia della loro vera religione.
                  Essi  sono  stati  per  i  settant’anni  precedenti  la  loro
               cacciata,  la  principale  preda  degli  inquisitori  di  Valencia,
               Saragozza  e  Granada.  A  Granada,  nel  periodo  1550-1580,

               costituiscono  la  maggioranza  dei  condannati  alla  penitenza
               canonica, e nei dodici autodafé celebrati in questi trent’anni,
               su  998  condannati,  780  erano  moriscos,  cioè  il  78%.  A
               Toledo, essi erano 190 su 606 condannati e a Murcia, dove i
               giudeizzanti  erano  numerosi,  all’autodafé  di  settembre  il
               25% erano moriscos.

                  Gli  inquisitori  comminavano  loro  due  tipi  di  pene:  la
               «riconciliazione»  seguita  dal  sequestro  dei  beni  per  coloro
               che  erano  accusati  di  maomettismo,  ma  siccome  agli  occhi
               degli inquisitori un morisco era sostanzialmente un seguace
               dell’islamismo,  questa  pena  veniva  applicata  quasi  sempre.
               L’esame  della  situazione  finanziaria  ha  dimostrato  quanto  i
               moriscos  abbiano  contribuito  a  rimpinguare  le  casse

               dell’Inquisizione.
                  La  seconda  pena,  l’esecuzione  capitale,  fu  applicata
               raramente, molto meno che nei confronti dei giudeizzanti o
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