Page 159 - Storia dell'inquisizione spagnola
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I giudeizzanti rimasero la principale preoccupazione per il
Santo Uffizio nella seconda metà del Seicento, ma la misura
delle stragi diminuì dopo il 1680. All’autodafé di Granada del
20 maggio 1672, vi furono novanta vittime di cui
settantanove erano conversos, cinquantasette dei quali
portoghesi. Quello di Madrid del 20 giugno 1680, condannò
centoquattro giudeizzanti sui centodiciotto penitenti, venti
affidati al braccio secolare. I roghi continuarono ad ardere a
Maiorca, dove gli inquisitori conducevano una sistematica
politica di sterminio contro i discendenti degli ebrei, i
cosiddetti chuetas. Questi ultimi avevano già conosciuto un
periodo di persecuzioni sotto i Re Cattolici. In seguito, una
discreta tolleranza permise ai conversos di vivere
liberamente e di praticare in segreto la loro antica religione.
La comunità giudeizzante fedele alle tradizioni ancestrali
teneva in pugno l’artigianato, il commercio e le finanze delle
Baleari. Nel 1675, la morte sul rogo del giovane Alonzo
Lopez diede fuoco alle polveri, giacché due anni dopo fu
decretato l’arresto in massa dei conversos. Nel 1678 il
tribunale inquisitoriale arrestava 237 persone, sospettate di
aver organizzato un complotto. Nella primavera del 1679
ebbero luogo a Maiorca cinque autodafé durante i quali
vennero pronunziate 221 riconciliazioni. Le confische
effettuate in seguito agli arresti fruttarono la bella somma di
2.500.000 ducati. Annientati per un po’, i chuetas reagirono
dieci anni dopo con un tentativo di complotto capeggiato da
Onofre Cortes e Rafael Valls. Durante i quattro autodafé del
1691, trentasette persone salirono sul rogo. Fino ai nostri
giorni, i giudeizzanti abbandonati al loro destino,
vegetarono, subendo i danni della discriminazione razziale
con la proibizione di contrarre matrimoni misti (non dalla
legge, ma dal costume) e di esercitare cariche pubbliche.
Il Settecento iniziò con una nuova dinastia che non portò
alcun cambiamento nelle pratiche religiose e nella mentalità
della gente. Il regno di Filippo V conobbe l’ultima ondata
repressiva negli anni 1720-1730. Secondo i dati di Lea, nei
64 autodafé celebrati fra il 1721 e il 1727 furono condannati