Page 155 - Storia dell'inquisizione spagnola
P. 155
Nel 1626, la prima bancarotta del regno di Filippo IV
facilitò l’integrazione nel regno di Castiglia dei finanzieri
portoghesi, che prendevano il posto dei banchieri genovesi,
ormai in stato fallimentare. Nonostante la contestazione dei
suoi contemporanei, il primo ministro, conte duca d’Olivares
orientò la sua politica a favore della ricchezza ebraica,
considerata un mezzo per rimpinguare le casse vuote dello
Stato. Nel 1628, influenzato dal conte duca, Filippo IV
accordò ai finanzieri portoghesi la libertà di sistemarsi e di
commerciare, misura che permise loro di estendere la
propria influenza sulle principali direttrici di scambio fra la
Spagna e l’America. Dal 1627 compaiono nella Hacienda
Real nomi di chiara derivazione portoghese come Fernández
Pinto, Núñez Saravía e Duarte Fernandez. Ciò nonostante, i
marrani non poterono sfuggire alle conseguenze delle loro
origini razziali. Dopo la coraggiosa rivolta del loro paese
contro la Corona spagnola nel 1640, essi cominciarono ad
essere considerati dai castigliani una specie di quinta
colonna. Già prima della caduta di Olivares, nel 1643, cadde
la mannaia: nel 1636, l’Inquisizione intentò un’azione
giudiziaria contro il finanziere Manuel Fernández Pinto,
accusato di giudaismo. Quest’ultimo, nel corso della sua
carriera, aveva prestato a Filippo IV 100.000 ducati. Il
tribunale riuscì a estorcergli, nel corso del processo,
l’enorme somma di 300.000 ducati sotto forma di confische.
Il caso di Juan Núñez Saravía fu più caratteristico.
Incontriamo per la prima volta questo finanziere fra i dieci
banchieri portoghesi che sottoscrissero un prestito alla
Corona di 2.159.438 ducati nel 1627. Nel 1630, venne
denunciato come giudeizzante e protettore di giudeizzanti;
ma il Santo Uffizio non prese alcun provvedimento contro di
lui e continuò ad accumulare prove raccolte in Inghilterra e
in America, che lo accusarono di aiutare finanziariamente i
correligionari residenti all’estero. Il suo arresto, avvenuto
insieme a quello del fratello, all’inizio del 1632, e la sua
condanna all’abiura de vehementi e a un’ammenda di 20.000
ducati durante l’autodafé celebrato a Toledo il 13 dicembre