Page 156 - Storia dell'inquisizione spagnola
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1637, rovinarono la sua reputazione: il suo nome scomparve

               per sempre dall’elenco dei banchieri al servizio della Corona.
                  Gli  sforzi  di  Olivares  per  integrare  i  marrani  portoghesi
               nella società spagnola si erano rivelati vani, e alla sua caduta
               i  finanzieri  portoghesi  stabilitisi  in  Spagna  si  trovarono  in
               una  situazione  difficile:  senza  patria  e  senza  un  appoggio
               ufficiale.  Per  i  giudeizzanti  iniziava  una  nuova  era  di
               repressione, diretta dal successore dell’Inquisitore generale

               fra Antonio de Sotomayor, Arce Reinoso, che organizzò una
               vera  e  propria  caccia  a  tutti  i  sospetti  di  giudaismo
               appartenenti  all’ambiente  dell’alta  finanza  o  al  mondo
               artigianale. I secoli XVII e XVIII furono contrassegnati dalla
               distruzione  di  famiglie  potenti  come  quelle  dei  Saravia,
               Montesinos  ed  Enrique.  Diego  de  Saravía,  imparentato  con

               Juan  Saravía  fu  arrestato,  giudicato  e  condannato  alla
               confisca di 250.000 ducati oro nel 1641. Nel 1646 fu la volta
               del  vecchio  finanziere,  Manuel  Enrique.  All’autodafé  di
               Cuenca del 1656 comparvero Méndez Brito, già riconciliato
               una  prima  volta,  e  Fernando  de  Montesinos  Téllez,
               condannati,  uno  all’abiura  de  vehementi,  a  portare  il
               sanbenito al bando e a un’ammenda di 6.000 ducati, l’altro

               alla  stessa  pena  ma  con  un’ammenda  più  pesante:  10.000
               ducati.  Entrambi  erano  uomini  ricchi,  legati  al  mondo
               dell’alta finanza. Al momento del suo arresto, il patrimonio di
               Montesinos  era  valutato  567.256  ducati,  ma  una  parte  era
               immobilizzata  ad  Amsterdam:  il  suo  mobilio  era  valutato
               10.000 ducati.

                  Il  governo,  allarmato  dalla  caduta  dei  grandi  finanzieri
               della  corona,  stipulò  un  accordo  con  l’Inquisizione  il  7
               settembre, in base al quale, il Santo Uffizio avrebbe dovuto
               colpire  soltanto  i  beni  personali  degli  accusati  lasciando  al
               Consiglio il compito di occuparsi delle somme investite nelle
               società.  La  distinzione  fra  la  persona  del  finanziere  e  la
               società  che  egli  dirigeva  era  così  compiuta.  La  repressione

               non  risparmiò  affatto  i  conversos  che  rivestivano  cariche
               pubbliche. Francisco Coello, amministratore delle imposte a
               Malaga,  comparve  all’autodafé  del  1654;  Diego  Gómez  de
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