Page 136 - Storia dell'inquisizione spagnola
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straordinaria  abilità  il  castigo  e  colpire  per  sempre

               l’immaginazione  popolare.  Ricordando  le  trasformazioni
               dell’«arte  di  punire»  e  l’instaurazione  della  «mitezza  delle
               pene», Michel Foucault scrive: «Nel supplizio fisico il terrore
               era  il  supporto  dell’esempio:  terrore  fisico,  spavento
               collettivo,  immagini  che  devono  imprimersi  nella  memoria
               dello  spettatore  [...]  Il  supporto  dell’esempio,  tuttavia,  è  la
               lezione, il discorso, il segno decifrabile, la messa in scena e

               la rappresentazione...». Ma l’Inquisizione aveva saputo molto
               presto, e con alacrità, associare le due dimostrazioni, quella
               dei supplizi e quella dei segni e dei discorsi. Un autodafé era
               innanzitutto una cerimonia religiosa molto solenne, un «atto
               di  fede»  pubblico  al  quale  il  sovrano  e  la  Corte,  per  due
               secoli,  concessero  il  carisma  della  loro  presenza  nelle

               occasioni  più  importanti  (per  esempio  gli  autodafé  di
               Valladolid  nel  1559  e  nel  1561)  e  gli  stessi  Borboni,  dopo
               aver tentato di sottrarvisi, assistettero agli autodafé.
                  Testimoni  di  ogni  genere:  religiosi,  viaggiatori,  hanno
               descritto molto spesso questi autodafé, celebrati a centinaia
               nel corso del XVI e del XVII secolo, poiché, in ciascuno dei
               quattordici             tribunali          che         possiamo             considerare

               definitivamente stabiliti, si celebrava un autodafé all’anno, o
               almeno  ogni  due,  tre  o  quattro  anni.  Un’interminabile
               processione  alla  quale  partecipavano  le  autorità  civili  e
               religiose  (come  il  personale  delle  Audienze  a  Granada  e  a
               Valladolid, i corregidores, i capitoli delle cattedrali, i monaci
               di  alcuni  conventi),  percorreva  la  città  in  direzione  di  una

               grande  piazza,  dove  era  rizzata  la  forca:  lì  aveva  luogo
               l’omelia, lì i penitenti sconfessavano i loro errori, lì gli eretici
               pentiti  erano  «riconciliati  solennemente  nel  seno  della
               Chiesa,  in  presenza  di  una  folla  spesso  enorme,  che
               partecipava  realmente  alla  cerimonia  pregando,  cantando,
               piangendo.  La  messa  in  scena  era  impressionante:  rulli  di
               tamburo  e  squilli  di  trombe,  gli  abiti  dei  penitenti  recanti  i

               segni  della  loro  infamia,  secondo  un  codice  familiare  agli
               iniziati:  berretto,  bavaglio,  cappuccio,  capestro,  sanbenitos
               di diversi colori, la scia tremolante delle fìammelle dei ceri,
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