Page 133 - Storia dell'inquisizione spagnola
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di giudaismo e i moriscos convertiti a metà. La volontà di
indebolire economicamente le minoranze religiose a favore
dei Vecchi Cristiani è evidente almeno quanto la necessità
per l’Inquisizione di procurarsi delle risorse. Perché mai a
Valencia il Santo Uffìzio subissa i suoi penitenti di
«accomodamenti» (22 per esempio nel 1487, per un totale di
circa 16.000 soldi valenciani) e moltiplica le confische?
Perché le sue vittime sono i conversos? 91,6% degli
incriminati! E perché a Granada, dal 1573 al 1577, il numero
delle confische è così insolitamente alto: 107 su 286 cause
discusse? Perché la selvaggina è innanzi tutto formata da
moriscos per i quali qualcun altro deve addossarsi delle
ammende di varia entità. Come vengono divise le 47
ammende inflitte, fra il 1589 e il 1592, dal tribunale di
Llerena in un periodo in cui giudeizzanti, braccati vent’anni
prima, sono molto prudenti? Ventotto, cioè il 6096,
riguardano gli «inabili» che sono tutti discendenti di
conversos e quattro colpiscono i moriscos.
Quando la repressione si scatena di nuovo contro i
criptogiudeizzanti, generalmente portoghesi, dopo il 1640 e
successivamente fra il 1721 e il 1725, le confische sono
all’ordine del giorno e si tratta spesso di grosse fortune. Così
il fascicolo n. 2067 della sezione Inquisizione dell’Archivo
Historico Nacional contiene 101 inventari di beni confiscati
dal Santo Uffizio di Siviglia e appartenenti per la maggior
parte a mercanti stabilitisi a Siviglia o a Osuna. Questi
inventari certamente rivelano una notevole consistenza
economica. Henry Kamen ha giustamente insistito sulle
enormi somme prelevate dall’Inquisizione ai banchieri
portoghesi dopo la caduta di Olivares: 300.000 ducati versati
da Manuel Férnandez Pinto nel 1636, 250.000 ducati estorti
a Diego di Saravía nel 1641, 100.000 ducati ai Pasarino nel
1646.
L’Inquisizione dunque non si limita a punire. Crea una
memoria della vergogna: «porta via i beni; priva dell’onore».