Page 117 - Storia dell'inquisizione spagnola
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percentuale  dei  giudeizzanti  condannati  supera  sempre  il

               90%. Se i cristiani hanno tanta paura del Santo Uffizio, non è
               perché hanno paura della morte. Eymerich e Peña possono
               pure, in tutto il loro Manuale, condannare gli eretici al rogo:
               queste raccomandazioni non hanno più niente a che vedere
               con  la  realtà.  Tre  eccezioni,  tuttavia:  all’ascesa  al  trono  di
               Filippo  II,  quando  la  Suprema  decide  di  soffocare  i  germi
               della  Riforma  spagnola;  nel  regno  di  Aragona  quando  il

               Santo  Uffizio  giudica  gli  uomini  accusati  di  peccati
               abominevoli  ;  negli  anni  1648-1660,  dopo  la  caduta  di
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               Olivares,  quando  il  converso,  preferibilmente  portoghese,
               ritorna  ad  essere  il  nemico  pubblico  numero  uno.  E  anche
               allora  siamo  molto  lontani  dal  massacro  iniziale.  Infatti  gli
               inquisitori sono cambiati. Ormai rifuggono dal condannare a

               morte e gli stessi giudeizzanti non sono più destinati al rogo.
               Così la storia di doña Isabel Enriquez, moglie del corregidor
               di  Alba  de  Tormes,  Andrés  Lopez  de  Fonseca,  anch’egli
               condannato al carcere a vita, nel 1624, dal Santo Uffizio di
               Valladolid. Isabel fu accusata da numerosi testimoni di aver
               partecipato  a  molte  cerimonie  secondo  il  rito  ebraico  e  in
               particolare  alla  sepoltura  del  medico  personale  del  duca

               d’Alba,  Jorge  Enríquez,  i  cui  funerali  erano  stati  celebrati
               secondo il rito mosaico. Il suo caso era chiaro. Tuttavia essa
               fu  torturata  in  caput  alienum,  cioè  al  fine  di  raccogliere
               informazioni sui suoi complici, e denunciò molte persone, ma
               rifiutò poi di ratificare le sue confessioni, il che, come si sa,
               le privava di valore. Condannata ad essere affidata al braccio

               secolare  al  termine  dell’autodafé,  Isabel  ricevette  il  giorno
               precedente la cerimonia la visita di tre religiosi, scelti per la
               loro  cultura  e  la  loro  eloquenza  che  la  scongiurarono  di
               sgravare  la  sua  coscienza  prima  di  morire.  Fu  un  passo
               inutile  ed  essa  andò  all’autodafé:  con  gli  altri  penitenti.
               Durante  l’omelia  che  completava  la  cerimonia,  chiese
               udienza al suo confessore che le era vicino e, nel corso del

               colloquio, confessò di aver partecipato a diverse cerimonie di
               culto mosaico, insieme ad altre persone, fra cui suo marito.
               Ma  in  seguito  rifiutò  di  ratificare  una  parte  della  sua
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