Page 116 - Storia dell'inquisizione spagnola
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moriscos: 206 sentenze, nessuna condanna a morte. Questa

               volta è lo 0%. Valladolid, dal 1622 al 1626, periodo calmo: 78
               condanne, nessuna alla pena capitale. Ancora lo 0%.
                  Ultimo esempio: l’autodafé di Llerena del 23 aprile 1662,
               al termine di un periodo di grande repressione che, dopo la
               caduta  di  Olivares,  perseguita  i  giudeizzanti  portoghesi.
               L’Estremadura,  provincia  di  frontiera  con  il  Portogallo,  è
               evidentemente  la  più  interessata  da  questa  repressione.

               L’autodafé  del  1662  pronuncia  110  condanne  di  cui  tre  al
               rogo: ossia il 2,72%.
                  Così, nei cinque casi considerati, la percentuale delle pene
               capitali non raggiunge mai il 3%. Il campione preso in esame
               concerne  917  persone,  cioè  circa  la  metà  degli  effettivi
               giudicati a Valencia prima del 1530.

                  Dobbiamo            allora       pensare         che      l’Inquisizione  abbia
               condannato  in  modo  massiccio  a  pene  molto  dure  come  le
               galere,  a  tempo  o  a  vita?  Effettivamente,  a  Granada,  si
               notano 33 condanne alle galere su 286 sentenze (11,53%) e
               25  su  206  a  Siviglia  (12,13%).  Ma  solo  quattro  galeotti  su
               259 sentenze a Llerena (1,54%) e quattro su 78 a Valladolid
               (5,12%).  Guardando  più  attentamente,  vediamo  che  quasi

               tutti i condannati alle galere (sempre uomini, naturalmente)
               sono poligami moriscos.
                  La  conclusione  sembra  ovvia:  i  primi  decenni  dell’attività
               inquisitoriale hanno lasciato nelle memorie una traccia così
               profonda di terrore che la paura è sopravvissuta a lungo al
               periodo  più  crudele  della  repressione.  L’Inquisizione

               terrorizzava  allora,  non  perché  uccideva,  ma  perché  aveva
               ucciso in quarant’anni alcune migliaia di persone, il che era
               evidentemente un numero considerevole.
                  In  realtà,  una  tale  ipotesi  non  regge  all’analisi.  Il  mondo
               cristiano  non  poteva  ignorare  che  la  grande  maggioranza
               delle vittime erano criptogiudeizzanti. Bisogna ricordare che
               il  91,6%  delle  persone  perseguite  dal  Santo  Uffizio  a

               Valencia prima del 1530, cioè al tempo dei roghi, sono infatti
               dei  criptogiudeizzanti.  E  il  caso  di  Valencia  è  il  caso
               generale.  Barcellona  arriva  addirittura  al  99%  e  la
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