Page 111 - Storia dell'inquisizione spagnola
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però non accolsero la richiesta del fiscale. Ana de Abella,
vedova, povera e sola, era soggetta talvolta a violenti accessi
di pazzia. Soffriva di insonnia e di anoressia, sfasciava le
suppellettili e si azzuffava con le sue compagne di sventura.
Invece di affidarla al boia, gli inquisitori la affidarono ai
medici e così essa non compari più davanti al tribunale.
Indubbiamente la causa fu sospesa.
Torniamo a casi più comuni. La tortura dev’essere
proporzionale alla gravità delle imputazioni. Una sola
testimonianza e, salvo eccezioni, la tortura si fermerà dopo i
preliminari d’uso: due o tre colpi di corda, un viaggio con la
garrucha. Se l’incriminato «regge», la partita è vinta. Il testo
afferma che egli ha eliminato gli indizi (purgar los indicios).
La sua causa, generalmente, viene sospesa ed egli è libero.
Se invece molti testimoni sono concordi nelle loro delazioni,
se gli indizi si accumulano, la prova sarà molto più dura. Ma
se l’accusato la supera, quali che siano le sue imputazioni,
egli avrà salva la vita. Il che ha potuto indurre l’Inquisizione,
sull’esempio dei tribunali civili, a non infliggere la tortura a
un accusato la cui colpevolezza è sostenuta da prove
schiaccianti.
Rimane il fatto che il significato dato alla tortura
avvantaggiava le persone dotate di una grande resistenza al
dolore e di una reale forza morale. Il destino poteva essere
diverso per persone sulle quali, a priori, gravavano gli stessi
sospetti. Ecco un esempio.
Siamo a Siviglia, negli anni 1611-1612, in un periodo in cui
i conversos portoghesi godono di un’incontestabile
indulgenza, conquistata a peso d’oro. Tuttavia, ecco
comparire davanti al tribunale sivigliano due donne,
ambedue accusate di giudeizzare e di cui una deve essere la
madre o la zia dell’altra. La prima, Ana Lopez, 45 anni, vive
a Osuna ed è stata denunciata da suo nipote: arrestata il 17
dicembre 1610 nega subito, resta ferma nei suoi dinieghi,
persevera sotto la tortura: la sua causa è sospesa ed essa
viene liberata. L’altra, Maria Lopez, 22 anni, vive anche lei a
Osuna, dove si è creato un importante centro di conversos.