Page 69 - Federico II e la ribellione del figlio
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Tali giudizi, con specifico riferimento alla Costituzione

                di Melfi, si fondano sul diffuso convincimento che una

                sua norma (I 50) avrebbe privato le città della possibilità

                di designare propri magistrati. È ormai sufficientemente

                dimostrato,  invece,  che  con  la  norma  incriminata
                Federico  non  fece  altro  che  ripristinare  quanto  già

                statuito  e  praticato  in  epoca  normanna,  quando  i

                magistrati erano designati dalle città ed erano ratificati

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                dal  potere  regio,   e  disporre  la  fine  di  tutte  le  forme
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                cittadine  di  governo  indipendente,   instauratesi  nel
                lungo  tempo  dell’anarchia.  Una  posizione,  quella  di

                Federico,  in  definitiva,  rispettosa  delle  autonomie

                cittadine, non meno di quella di altre monarchie europee

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                del tempo,  purché quell’autonomia si realizzasse nella
                cornice riconosciuta e accettata dell’unità del Regno.

                      È documentato, inoltre, che lo Svevo ebbe non poche

                aperture  verso  le  città,  come  l’ammetterle  alle  curie

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                generali e il legittimarle quali soggetti processuali.  Va
                inoltre rilevato che



                la loro regolare gestione secondo un modello che viene

                mano a mano riducendo al minimo le grandi differenze

                amministrative  originarie  tra  luogo  e  luogo  e  la

                costituzione di un demanio e di un patrimonio comunale

                sono  il  risultato  di  un’evoluzione  che  si  delinea  nel

                periodo svevo.         95



                Si aggiunga che nelle città meridionali, proprio in epoca

                fridericiana, si sviluppò una forte componente borghese,
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