Page 68 - Federico II e la ribellione del figlio
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avvenire» (e questo sarebbe «uno dei limiti piú gravi ed
anche piú singolari del suo pensiero politico, di
quell’acuto presentimento dei tempi nuovi che di solito
gli viene attribuito»). La seconda è nell’assunto che,
proprio nel tempo dei contrasti col figlio, in Germania vi
sarebbe stata l’occasione propizia per ridimensionare il
ruolo della feudalità, facendo leva sulle città, e per
rafforzare cosí l’unità monarchica. Ma Federico non
l’avrebbe saputa cogliere.
Diciamo subito che la prima affermazione rispecchia
un topos storiograficamente tanto radicato, quanto – ad
avviso nostro, e non solo – infondato, quello cioè di
Federico ideologicamente ostile alle città. Nello stesso
convegno in cui Sestan presentò la relazione citata, un
altro grande storico, Francesco Calasso, rincarò la dose:
I cittadini […] di Messina […] ebbero chiaramente la
sensazione che una cappa di piombo scendesse ad
opprimerli col codice di Melfi, che violentemente
spegneva ogni luce di autonomia municipale, sradicava i
diritti locali contrari alle costituzioni […]. 89
Piú di recente gli ha fatto eco Abulafia: con la
Constitutio in favorem principum
le città erano state riconsegnate ai loro “legittimi”
proprietari, soffocandone le velleità comunali, con la
stessa determinazione con cui, in quello stesso anno, le
Costituzioni di Melfi avevano stroncato quelle del
Mezzogiorno d’Italia. 90